La norma in commento (modificata, da ultimo, dal d.l. n. 48 del 2025 conv. in L. n. 80 del 2025) individua
due diverse fattispecie di reato: l’
istigazione a disobbedire alle
leggi di ordine pubblico e l’istigazione all’
odio tra le classi sociali.
Il
bene giuridico tutelato è l’
ordine pubblico. Nonostante alcuni interpretino questo concetto in senso ideale (come insieme dei principi fondamentali su cui si basa l’
ordinamento giuridico), la dottrina e giurisprudenza prevalenti sostengono che tale espressione debba essere intesa in senso materiale come pubblica tranquillità e sicurezza pubblica.
Si tratta di un
reato comune poiché
soggetto attivo può essere chiunque. Però, se l’agente riveste la qualifica di
pubblico ufficiale, incaricato di
pubblico servizio o
ministro di culto e, se ne ricorrono i presupposti, si applica la
circostanza aggravante di cui al n. 9 dell’
art. 62 del c.p..
Quanto alla
prima ipotesi di reato, la
condotta criminosa si realizza mediante il compimento, in forma pubblica, di atti diretti ad indurre taluno a disobbedire alle leggi di ordine pubblico.
Per
istigazione s’intende la determinazione o il rafforzamento in altri di un determinato proposito criminoso.
La nozione di
pubblicità si ritrova nel comma 4 dell’
art. 266 del c.p., il quale stabilisce che il reato si considera "avvenuto pubblicamente" se il fatto è commesso con le seguenti modalità:
Con "
disobbedienza" ci si riferisce al rifiuto o alla ribellione ingiustificata ad osservare i precetti legali. In questo senso, l’ambito di applicazione della norma non ricomprende condotte come la
propaganda o la
critica lecitamente diretta a conseguire l'abolizione di una legge.
Invece, quanto al concetto di “
legge di ordine pubblico”, la tesi estensiva ritiene che in tale nozione rientrino tutte le norme giuridiche imperative, con esclusione di quelle norme che riconoscono ai singoli una potestà dispositiva o derogatoria. Peraltro, dal novero delle leggi di ordine pubblico vanno comunque escluse quelle per cui è prevista una specifica sanzione penale (in tal caso, troverebbe applicazione l’
art. 414 del c.p.). Invece, per la tesi restrittiva, in tale concetto rientrano solo quelle previsioni normative essenziali al mantenimento della pace sociale e degli equilibri economici e sociali del paese.
Ancora, secondo alcuni, il
riferimento alla “legge” è
in senso formale (sarebbero oggetto di tutela solo le leggi statali, le leggi regionali e gli atti aventi forza di legge), mentre altri ritengono che si faccia riferimento anche alla legge
in senso materiale (dovrebbero essere ricomprese anche le fonti secondarie e i provvedimenti di natura amministrativa).
La legge da violare deve essere attualmente esistente o in vigore nel momento in cui l’istigazione si riferisce.
Quanto alla seconda fattispecie di reato (
l’istigazione all’odio tra le classi sociali), la condotta penalmente rilevante si realizza attraverso il compimento, in forma pubblica, di atti diretti a indurre taluno al sentimento di odio tra le classi sociali.
Per “
odio” s’intende un sentimento di profonda avversione che porta a sopraffare o danneggiare, mentre con “
classe sociale” ci si riferisce ad una determinata categoria di persone che, in un contesto sociale generale, condividono inclinazioni culturali, gusti o stili di vita affini e l’esigenza di tutela di prerogative e interessi omogenei.
Peraltro, la
Corte costituzionale (sent. n. 108 del 1974) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma in esame nella parte in cui non specifica che
l’istigazione all’odio tra le classi sociali deve essere
attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità.
L’elemento soggettivo richiesto è il
dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di commettere il fatto in sé di istigare alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio tra le classi sociali.
Il reato in commento è
istantaneo e si consuma nel momento in cui viene pubblicamente realizzata la condotta di istigazione.
Peraltro, il comma 2 (introdotto dal d.l. n. 48 del 2025 conv. in L. n. 80 del 2025) stabilisce un’
aggravante nel caso in cui la condotta di istigazione sia commessa
all’interno di un istituto penitenziario, ovvero a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute.
Per il fatto “a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute”, i primi commenti hanno evidenziato
problemi di compatibilità tra la nuova aggravante e il requisito della
pubblicità della condotta poiché tali comunicazioni costituiscono
corrispondenza privata (art. 18 ord. pen.). Però, come emerso dalla Relazione dell'Ufficio del Massimario sul d.l. sicurezza, sembra doversi seguire un’interpretazione restrittiva: l'istigazione aggravata “a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute” deve essere intesa come quella comunque veicolata pubblicamente attraverso mezzi di propaganda.