Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 415 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 23/10/2025]

Istigazione a disobbedire alle leggi

Dispositivo dell'art. 415 Codice Penale

Chiunque pubblicamente [266](1) istiga alla disobbedienza delle leggi [266] di ordine pubblico(2), ovvero all'odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni(3).

La pena è aumentata se il fatto è commesso all'interno di un istituto penitenziario ovvero a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute(4).

Note

(1) La pubblicità viene diversamente considerata. Secondo alcuni autori, si tratterebbe di un elemento essenziale del reato dal momento che nello stesso si situa la portata lesiva della fattispecie, mentre altri ritengono sia una condizione obiettiva di punibilità (v. 44).
(2) Per quanto attiene all'istigazione alla c.d. obiezione fiscale, intesa quale inosservanza delle leggi fiscali, questa non integra gli estremi del reato in esame dal momento che la giurisprudenza ha escluso che tali leggi possano rientrare nella nozione di leggi di ordine pubblico in quanto queste tendono a garantire la pubblica tranquillità e la sicurezza pubblica.
(3) Per quanto attiene all'ipotesi di istigazione all'odio tra classi sociali, tale articolo è stato dichiarato incostituzionale con sent. 23 aprile 1978, n. 108 in quanto non specifica che l'istigazione all'odio fra le classi sociali deve essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità. Tale sentenza sembra aver modificato il reato in questione, trasformandolo in un reato di pericolo concreto.
(4) Comma aggiunto dall'art. 26, comma 1, lettera a) del D.L. 11 aprile 2025, n. 48.

Ratio Legis

La ratio della norma si ritrova nell’esigenza di prevenire fatti che sono pregiudizievoli per l’ordine pubblico in senso materiale come tranquillità pubblica e sicurezza pubblica.

Spiegazione dell'art. 415 Codice Penale

La norma in commento (modificata, da ultimo, dal d.l. n. 48 del 2025 conv. in L. n. 80 del 2025) individua due diverse fattispecie di reato: l’istigazione a disobbedire alle leggi di ordine pubblico e l’istigazione all’odio tra le classi sociali.

Il bene giuridico tutelato è l’ordine pubblico. Nonostante alcuni interpretino questo concetto in senso ideale (come insieme dei principi fondamentali su cui si basa l’ordinamento giuridico), la dottrina e giurisprudenza prevalenti sostengono che tale espressione debba essere intesa in senso materiale come pubblica tranquillità e sicurezza pubblica.

Si tratta di un reato comune poiché soggetto attivo può essere chiunque. Però, se l’agente riveste la qualifica di pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio o ministro di culto e, se ne ricorrono i presupposti, si applica la circostanza aggravante di cui al n. 9 dell’art. 62 del c.p..

Quanto alla prima ipotesi di reato, la condotta criminosa si realizza mediante il compimento, in forma pubblica, di atti diretti ad indurre taluno a disobbedire alle leggi di ordine pubblico.

Per istigazione s’intende la determinazione o il rafforzamento in altri di un determinato proposito criminoso.

La nozione di pubblicità si ritrova nel comma 4 dell’art. 266 del c.p., il quale stabilisce che il reato si considera "avvenuto pubblicamente" se il fatto è commesso con le seguenti modalità:
  • a mezzo stampa o con altro mezzo di propaganda;
  • in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
  • in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta o per il numero degli intervenuti o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata.

Con "disobbedienza" ci si riferisce al rifiuto o alla ribellione ingiustificata ad osservare i precetti legali. In questo senso, l’ambito di applicazione della norma non ricomprende condotte come la propaganda o la critica lecitamente diretta a conseguire l'abolizione di una legge.

Invece, quanto al concetto di “legge di ordine pubblico”, la tesi estensiva ritiene che in tale nozione rientrino tutte le norme giuridiche imperative, con esclusione di quelle norme che riconoscono ai singoli una potestà dispositiva o derogatoria. Peraltro, dal novero delle leggi di ordine pubblico vanno comunque escluse quelle per cui è prevista una specifica sanzione penale (in tal caso, troverebbe applicazione l’art. 414 del c.p.). Invece, per la tesi restrittiva, in tale concetto rientrano solo quelle previsioni normative essenziali al mantenimento della pace sociale e degli equilibri economici e sociali del paese.

Ancora, secondo alcuni, il riferimento alla “legge” è in senso formale (sarebbero oggetto di tutela solo le leggi statali, le leggi regionali e gli atti aventi forza di legge), mentre altri ritengono che si faccia riferimento anche alla legge in senso materiale (dovrebbero essere ricomprese anche le fonti secondarie e i provvedimenti di natura amministrativa).

La legge da violare deve essere attualmente esistente o in vigore nel momento in cui l’istigazione si riferisce.

Quanto alla seconda fattispecie di reato (l’istigazione all’odio tra le classi sociali), la condotta penalmente rilevante si realizza attraverso il compimento, in forma pubblica, di atti diretti a indurre taluno al sentimento di odio tra le classi sociali.

Per “odio” s’intende un sentimento di profonda avversione che porta a sopraffare o danneggiare, mentre con “classe sociale” ci si riferisce ad una determinata categoria di persone che, in un contesto sociale generale, condividono inclinazioni culturali, gusti o stili di vita affini e l’esigenza di tutela di prerogative e interessi omogenei.

Peraltro, la Corte costituzionale (sent. n. 108 del 1974) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma in esame nella parte in cui non specifica che l’istigazione all’odio tra le classi sociali deve essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità.

L’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di commettere il fatto in sé di istigare alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all’odio tra le classi sociali.

Il reato in commento è istantaneo e si consuma nel momento in cui viene pubblicamente realizzata la condotta di istigazione.

Peraltro, il comma 2 (introdotto dal d.l. n. 48 del 2025 conv. in L. n. 80 del 2025) stabilisce un’aggravante nel caso in cui la condotta di istigazione sia commessa all’interno di un istituto penitenziario, ovvero a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute.

Per il fatto “a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute”, i primi commenti hanno evidenziato problemi di compatibilità tra la nuova aggravante e il requisito della pubblicità della condotta poiché tali comunicazioni costituiscono corrispondenza privata (art. 18 ord. pen.). Però, come emerso dalla Relazione dell'Ufficio del Massimario sul d.l. sicurezza, sembra doversi seguire un’interpretazione restrittiva: l'istigazione aggravata “a mezzo di scritti o comunicazioni diretti a persone detenute” deve essere intesa come quella comunque veicolata pubblicamente attraverso mezzi di propaganda.

Massime relative all'art. 415 Codice Penale

Cass. pen. n. 24050/2012

Il delitto di pubblica istigazione a delinquere non è configurabile in termini di tentativo, attesa la riconducibilità dello stesso fra i reati di pericolo.

Cass. pen. n. 26843/2010

Integra il reato di istigazione a disobbedire alle leggi la ripetuta diffusione, mediante emittenti radiofoniche, di messaggi intesi a suggerire agli ascoltatori condotte contrarie a norme del codice stradale e gravemente pericolose per la pubblica incolumità (nella specie, a non indossare le cinture di sicurezza, a guidare ubriachi e a non rispettare i limiti di velocità), dovendosi identificare le leggi di ordine pubblico indicate nell'art. 415 c.p. particolarmente in quelle di natura cogente e inderogabile, intese alla tutela della sicurezza pubblica.

Cass. pen. n. 5927/1991

Non costituisce il reato di cui all'art. 415 c.p. l'incitamento all'autoriduzione delle fatture per il consumo dell'energia elettrica e dell'acqua. (Nella fattispecie trattavasi di fatture emesse dall'Enel e dall'Acea).

Cass. pen. n. 16022/1989

Ai fini della sussistenza del delitto di istigazione alla disobbedienza a leggi di ordine pubblico, previsto dall'art. 415 c.p., per leggi di ordine pubblico devono intendersi quelle che tendono a garantire la pubblica tranquillità e la sicurezza pubblica; conseguentemente tra esse non possono ricomprendersi le leggi fiscali, come del resto si evince dalla circostanza che il legislatore ha ritenuto di dover introdurre nell'ordinamento una norma specifica — e cioè l'art. 1 del decreto legislativo del capo provvisorio dello Stato 7 novembre 1947, n. 1559 — con la quale penalmente sanzionare, limitatamente a talune ipotesi, l'attività di chi istighi a non pagare le imposte o a ritardarne o a sospenderne il pagamento. (Nella specie la Cassazione ha escluso che l'istigazione a non effettuare il pagamento delle imposte dirette possa integrare il delitto di cui all'art. 415 c.p.).

Cass. pen. n. 11181/1985

Per leggi di ordine pubblico debbono intendersi non solo quelle che tutelano la sicurezza pubblica, ma, in senso più ampio, i principi fondamentali dello Stato, tradotti nell'ordinamento giuridico in norme precettive, munite di sanzioni anche di carattere non penale, tra i quali rientrano quelli che autorizzano lo Stato a procurarsi i mezzi finanziari per assicurare alla generalità, attraverso le imposizioni e la riscossione dei tributi, servizi pubblici, secondo le determinazioni delle leggi tributarie. Ne consegue che risponde del delitto di cui all'art. 415 c.p. in riferimento al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 colui il quale istiga i contribuenti a non effettuare il pagamento delle imposte dirette e li inciti alla cosiddetta obiezione fiscale relativamente alle spese militari, consistente nell'autoriduzione tributaria per quella parte di imposta destinata agli armamenti, e ad omettere, quindi, il versamento del corrispondente importo.

Cass. pen. n. 3388/1981

Il delitto di istigazione a disobbedire alle leggi di ordine pubblico, richiede, per la sua sussistenza, che un soggetto ponga in essere pubblicamente, con volontà libera e cosciente, l'evento di pericolo richiesto dalla norma incriminatrice, cioè la condotta istigatrice. Ai fini della sussistenza del delitto di istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, la condotta dell'agente può essere definita istigatrice in quanto, sotto il profilo direzionale, sia indirizzata a spingere il soggetto istigato alla disobbedienza delle predette leggi e, sotto il profilo strutturale, sia idonea a determinare questa spinta nel soggetto istigato. (La Cassazione ha chiarito che il concetto di idoneità della condotta istigatrice richiesto per la sussistenza del delitto di cui alla prima ipotesi dell'art. 415 c.p. non può essere fissato in funzione di un pericolo concreto per la pubblica tranquillità, così come è richiesto, invece, per la seconda ipotesi di reato prevista dal predetto articolo, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 108 del 1974). Ai fini della sussistenza del delitto di istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, queste ultime non possono intendersi nel significato ristretto di leggi di pubblica sicurezza, ma in quello più ampio di leggi su cui poggia l'ordinato assetto e il buon andamento del vivere sociale, nel quadro della costituzione repubblicana: leggi, quindi, contenenti norme cogenti e, come tali, inderogabili dai privati.

Cass. pen. n. 10107/1974

Nel reato previsto dall'art. 415 seconda ipotesi, c.p. il dolo — analogamente a quanto richiesto per gli altri reati d'istigazione — consiste nella cosciente volontà di porre in essere l'evento di pericolo considerato dalla norma, cioè, specificamente, di compiere atti per loro natura diretti e idonei ad istigare all'odio tra le classi sociali; volontà che deve essere accompagnata dalla consapevolezza di agire pubblicamente, essendo la pubblicità componente essenziale del delitto. Estranei al dolo richiesto per la sussistenza del reato in argomento sono i moventi e le cause che inducano l'agente a compiere gli atti previsti dalla norma, che possono indifferentemente essere commessi dal soggetto in esecuzione di un impegno assunto, anche dietro compenso, ovvero per l'impulso di un convincimento politico morale o sociale, ovvero a seguito di persuasione o incitamenti ricevuti, o per qualsiasi ragione. La finalità della lotta di classe non può escludere il reato previsto dall'art. 415 c.p. sotto il profilo soggettivo, se detta finalità, in sé lecita, viene perseguita attraverso l'istigazione all'odio, istigazione che il legislatore ha ritenuto di perseguire penalmente, perché idonea a determinare la formazione di pericolosi stati di animo ed a compromettere le condizioni necessarie per il mantenimento dell'ordine e per una sana evoluzione sociale.

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.