(massima n. 1)
Il delitto di istigazione a disobbedire alle leggi di ordine pubblico, richiede, per la sua sussistenza, che un soggetto ponga in essere pubblicamente, con volontà libera e cosciente, l'evento di pericolo richiesto dalla norma incriminatrice, cioè la condotta istigatrice. Ai fini della sussistenza del delitto di istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, la condotta dell'agente può essere definita istigatrice in quanto, sotto il profilo direzionale, sia indirizzata a spingere il soggetto istigato alla disobbedienza delle predette leggi e, sotto il profilo strutturale, sia idonea a determinare questa spinta nel soggetto istigato. (La Cassazione ha chiarito che il concetto di idoneità della condotta istigatrice richiesto per la sussistenza del delitto di cui alla prima ipotesi dell'art. 415 c.p. non può essere fissato in funzione di un pericolo concreto per la pubblica tranquillità, così come è richiesto, invece, per la seconda ipotesi di reato prevista dal predetto articolo, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 108 del 1974). Ai fini della sussistenza del delitto di istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, queste ultime non possono intendersi nel significato ristretto di leggi di pubblica sicurezza, ma in quello più ampio di leggi su cui poggia l'ordinato assetto e il buon andamento del vivere sociale, nel quadro della costituzione repubblicana: leggi, quindi, contenenti norme cogenti e, come tali, inderogabili dai privati.