(massima n. 3)
In tema di attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 c.p., aggiunto dall'art. 2 della L. 6 febbraio 1980, n. 15), caratterizzandosi la detta figura di reato essenzialmente per la presenza delle summenzionate finalità e non per le caratteristiche obiettive delle condotte in cui essa può estrinsecarsi (le quali non si differenziano apprezzabilmente, nella previsione normativa, da quelle che, altrimenti, renderebbero configurabili altre e più comuni ipotesi di reato, quali le lesioni volontarie o l'omicidio, tentati o consumati), ne deriva che, al pari di quanto si verifica con riguardo alle comuni figure di delitto tentato, anche nel delitto di attentato non è determinante la antica e normativamente superata distinzione tra atti preparatori e atti esecutivi, richiedendosi anche per l'attentato, così come per il tentativo punibile, che gli atti, pur se meramente preparatori, siano tuttavia tali da dimostrarsi, in linea di fatto, come idonei ed inequivocabilmente diretti alla realizzazione di quello che, in assenza della specifica previsione, sarebbe il reato consumato.