Cass. pen. n. 6284/2005
In materia di ispezione personale, l'accertamento radiografico è una delle legittime modalità di esecuzione a cui può farsi ricorso coattivamente, purchè sia eseguito per mezzo di personale medico specialistico nel rispetto delle corrette metodologie tecniche, non rilevando che il controllo sia esteso così all'interno del corpo umano. (La Corte ha ritenuto legittimo l'accertamento radiografico disposto coattivamente da personale di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza, previa autorizzazione del P.M., nel corso dei controlli previsti dall'art. 103 d.P.R. n. 309 del 1990).
Corte cost. n. 238/1996
È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 13, secondo comma, Cost., l'art. 224, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei "casi" e nei "modi" dalla legge (nella specie, esecuzione di prelievo ematico coattivo), in quanto - posto che il parametro evocato assoggetta ogni restrizione della libertà personale, tra cui espressamente la detenzione, l'ispezione e la perquisizione personale, alla duplice garanzia della riserva di legge (essendo tali misure coercitive possibili "nei soli casi e modi previsti dalla legge") e della riserva di giurisdizione (richiedendosi l'"atto motivato dell'autorità giudiziaria"), approntando così una tutela della libertà personale che è centrale nel disegno costituzionale - la disposizione censurata presenta assoluta genericità di formulazione e totale carenza di ogni specificazione dei casi e dei modi in presenza dei quali soltanto può ritenersi che sia legittimo procedere alla esecuzione coattiva di accertamenti peritali mediante l'adozione, a discrezione del giudice, di misure restrittive della libertà personale. Invero, con riferimento alla medesima norma, le ragioni relative alla giustizia penale, consistenti nell'esigenza di acquisizione della prova del reato, pur costituendo un valore primario sul quale si fonda ogni ordinamento ispirato al principio di legalità, rappresentano in realtà solo la finalità della misura restrittiva e non anche l'indicazione dei "casi" voluta dalla garanzia costituzionale.
Corte cost. n. 54/1986
L'ordinamento processuale va letto nel contesto dei principi fondamentali posti dalla Costituzione, alla cui luce il giudice penale non può disporre mezzi istruttori lesivi della vita, incolumità, dignità o intimità psichica (art. 2 Cost.) ovvero pericolosi per la salute del periziando (art. 32 Cost.). Entro tali limiti, peraltro, la perizia medico-legale è certamente uno dei "modi" legittimi mediante i quali, in base allo stesso art. 13, comma secondo, Cost., è consentito all'autorità giudiziaria, attuare, previa congrua motivazione, restrizioni della libertà personale, mentre le ragioni relative all'accertamento della verità in sede penale sicuramente rientrano fra i "casi previsti dalla legge". Né il prelievo ematico (di ordinaria amministrazione nella pratica medica e posto in questione nel caso di specie) lede o mette in pericolo alcuno degli anzidetti valori. Tanto meno può venire in causa il comma quarto dell'art. 13 Cost, giacché le violenze cui esso si riferisce sono quelle illecite, e tali non possono considerarsi le minime prestazioni personali imposte, all'imputato o a terzi, da un normale e legittimo mezzo istruttorio. (Infondatezza, in riferimento all'art. 13 Cost., commi secondo e quarto, della questione di legittimità costituzionale degli artt. 146, 314 e 317 cod.proc.pen. - concernenti poteri dispositivi e coercitivi del giudice penale nella scelta e nell'esecuzione dei mezzi di indagine peritale).