Il novellato art.
110 c.p.p. individua, quale modalità generale di formazione di ogni atto del procedimento penale, quella digitale: si è inteso, in coerenza con quanto previsto dalla legge delega, consacrare un nuovo modello di atto processuale, i cui presupposti di legittimazione nel
processo penale sono legati ad alcuni requisiti imprescindibili, ovvero quelli idonei ad assicurarne l’autenticità, l’integrità, la leggibilità, la reperibilità, l’interoperabilità e, ove previsto dalla legge, la segretezza. Vale, in questa ottica, una condizionata libertà di forme: ogni soluzione digitale percorribile è accettata, purché assicuri i requisiti prescritti dalla disposizione. Si prevede, infatti, il rispetto della normativa, in primo luogo sovranazionale (in particolare adottata a livello UE, quale il regolamento eIDAS 2014/910/UE), nonché nazionale, anche di rango regolamentare, concernente la redazione, la
sottoscrizione, l’accesso, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. Si è inoltre previsto esplicitamente l’ulteriore requisito, strettamente legato alle dinamiche del processo penale, della idoneità dell’atto redatto come documento informatico a garantire la segretezza, per tutti i casi in cui questa sia prevista dalla legge.
Quanto all’
incipit della nuova disposizione (“
quando è richiesta la forma scritta gli atti del procedimento penale sono redatti e conservati in forma di documento informatico”) si è ritenuto che il termine “possono” utilizzato dal legislatore delegante sia semanticamente inteso a positivizzare tale legittimazione nel processo penale e che non equivalga, invece, ad introdurre una mera facoltatività del ricorso alla modalità digitale per la redazione degli atti processuali, alla luce dello stretto collegamento esistente tra tale indicazione e quella, contenuta nel medesimo criterio di delega, inerente l’obbligatorietà del deposito telematico, che trova attuazione nel nuovo articolo
111 bis c.p.p.
Si è in ogni caso prevista, al comma 3, una deroga alla regola generale dettata al comma 1, per tutti “
gli atti che, per loro natura o per specifiche esigenze processuali, non possono essere redatti in forma di documento informatico”, formula volutamente ampia che vale a consentire il ricorso alle modalità tradizionali anche nelle ipotesi – diverse dai casi di malfunzionamento disciplinati dall’art.
175 bis c.p.p. – in cui contingenti e specifiche esigenze o caratteristiche proprie dell’atto non consentano la formazione dell’atto nativo digitale (si pensi, per esempio, ad una memoria redatta dall’
imputato in stato di detenzione o di situazioni contingenti anche di impedimenti tecnici che non hanno le caratteristiche di un malfunzionamento nel senso dell’articolo 175
bis c.p.p.).
L’inserimento nella presente disposizione vale ad “anticipare” al momento della formazione la medesima deroga prevista all’art. 111
bis quanto al deposito telematico.
Si è, comunque, previsto, al comma 4, che gli atti redatti in forma di documento analogico, siano convertiti, senza ritardo, in copia informatica ad opera dell’ufficio che li ha formati o ricevuti, sempre nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la redazione, la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici, così da assicurare in ogni caso la completezza del fascicolo informatico. Si è ritenuto preferibile non indicare un termine rigido di conversione in copia informatica dell’originale analogico, che, in coerenza con quanto si è detto circa la scelta di non inserire nuove ipotesi di invalidità, sarebbe stato comunque di natura ordinatoria. In questo senso, il riferimento alla locuzione “senza ritardo”, ben nota nella terminologia del codice, è parsa offrire quelle caratteristiche di coerenza e di sufficiente chiarezza, alla luce della elaborazione giurisprudenziale, tali da assicurare effettività in concreto alla previsione.
Si tratta di disposizione generale applicabile, dunque, a tutti gli atti del procedimento penale, ivi compresi, ovviamente, i provvedimenti del giudice disciplinati all’articolo
125 c.p.p. che, pur nella specifica regolamentazione delle forme, costituiscono, una sottocategoria di atti, come risulta evidente dalla collocazione sistematica nel codice processuale (la relativa disciplina è inserita nel titolo II del Libro secondo del codice di procedura penale “Atti”).
Quanto alla scelta del binomio di atto o documento “
redatto in forma di documento informatico” ovvero “
redatto in forma di documento analogico” si precisa quanto segue.
La terminologia utilizzata nella legge delega (redatti e conservati in formato digitale) non è esattamente corrispondente a quella finora diffusa e utilizzata nella normativa vigente, (sia primaria che secondaria), laddove l’aggettivo “digitale” viene riferito in modo pressoché esclusivo al “domicilio digitale” o alla “firma digitale”.
L’alternativa “documento informatico”/“documento analogico” è invece patrimonio acquisito.
Ed invero, l’articolo 34, comma 1 del decreto del
Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, (“Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione, nel
processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi dell'articolo 4, commi 1 e 2 del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24”), che detta le specifiche tecniche, comuni al processo civile e penale, utilizza la seguente espressione: “
L’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti (Omissis)”. La definizione di documento informatico e di documento analogico si rinviene poi nel CAD (d.lgs. n. 82/2005) nei seguenti termini:
- “
documento informatico” è il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti
- “
documento analogico” è la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti.
Le lettere i
bis e ss. dell'art.
1, comma 1 del CAD disciplinano, poi, il passaggio dall’uno all’altro, delineando i concetti di copia e di duplicato:
i
bis) copia informatica di documento analogico: il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento analogico da cui è tratto;
i
ter) copia per immagine su supporto informatico di documento analogico: il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto;
i
quater) copia informatica di documento informatico: il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari;
i
quinquies) duplicato informatico: il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario.
Si è dunque ritenuto che, in un momento di transizione digitale di particolare rilievo in un contesto, quale quello che processo penale, che impone un punto di incontro tra linguaggio giuridico e tecnico, la soluzione di fare riferimento alle comuni definizioni presenti nella normativa primaria e secondaria, cui peraltro le nuove disposizioni del codice di procedura penale fanno espresso rinvio, fosse l’unica strada percorribile al fine di evitare sovrapposizioni terminologiche tali da creare il rischio di dubbi interpretativi.