Posto che l'inosservanza delle norme relative al riparto di attribuzioni fra le due composizioni del tribunale (e quindi monocratico o collegiale) non è qualificabile come un problema di
incompetenza, il
legislatore ha ritenuto opportuno creare una specifica normativa, che ha trovato collocazione nel presente capo.
La norma in esame disciplina un possibile esito del necessario controllo del giudice sulla questione relativa all'
attribuzione.
In sede di
udienza preliminare, l'eventualità è che il giudice ritenga che non si debba procedere con l'udienza preliminare, in quanto il reato contestato rientra tra quelli di cui all'articolo
550, per i quali è prevista la
citazione diretta a giudizio da parte del pubblico ministero.
In tale ipotesi il giudice dell'udienza preliminare dispone con ordinanza che gli atti vengano
trasmessi al pubblico ministero affinché questi provveda ad emettere il
decreto di citazione a giudizio di cui all'art.
552.
La lettura dell'ordinanza equivale a d una notificazione per le parti presenti all'udienza, mentre, per quanto riguarda il
fascicolo per il dibattimento, la norma dispone che esso sia trasmesso al giudice dibattimentale, oltre all'eventuale assunzione di
atti urgenti (v. artt.
553 e
554).
Il legislatore, con tale disposizione, ha voluto sottolineare il nesso intercorrente tra udienza preliminare e rato piuttosto che tra udienza preliminare e composizione collegiale o monocratica del reato. Altresì, non è demandata al giudice per l'udienza preliminari la funzione di disporre il
rinvio a giudizio: sarà il pubblico ministero, una volta riavute le carte relative al procedimento, a disporre il decreto ed relativi annessi. E' solitamente riconosciuta al giudice per l'udienza preliminare la facoltà di effettuare una
qualificazione giuridica del fatto differente rispetto all'impostazione iniziale, ciò al fine di consentire una distribuzione corretta dei processi nell'ambito del unico ufficio di primo grado ed in tal senso si è pronunciata la
corte costituzionale.