Cass. pen. n. 51986/2016
In tema di applicazione delle regole suppletive per la determinazione della competenza territoriale, nel concetto di "dimora" dell'imputato, cui si riferisce l'art. 9, comma secondo, cod. proc. pen., va compreso anche il luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, in quanto ad integrare la dimora è sufficiente una presenza pur transitoria, ma dotata di un minimo di stabilità, dell'interessato in un dato luogo. (Fattispecie relativa ad una comunità terapeutica che ospitava l'imputato in regime di arresti domiciliari).
Cass. pen. n. 49643/2015
Ai fini della determinazione della competenza per territorio nell'ipotesi di reati connessi di pari gravità, qualora non sia possibile individuare il luogo di consumazione di uno di essi, mentre sia certo quello dell'altro, non è consentito far ricorso alle regole suppletive stabilite nell'art. 9 cod. proc. pen., che si riferisce a procedimenti con reato singolo, ma si deve avere riguardo al luogo di consumazione del reato residuo.
Cass. pen. n. 12071/2015
È inammissibile per genericità l'eccezione di incompetenza territoriale, che non contenga l'indicazione del diverso giudice che si prospetta essere competente.
Cass. pen. n. 14699/2013
In tema di competenza per territorio, le vicende processuali successive ai limiti temporali di rilevazione della questione, anche con riferimento ai provvedimenti conclusivi adottati sul merito dal giudice, non incidono sulla competenza già affermata, la quale, in base al principio della "perpetuato iurisdictionis", va determinata con criterio "ex ante", sulla scorta degli elementi disponibili al momento della formulazione dell'imputazione
Cass. pen. n. 16307/2011
La competenza per territorio per il reato di diffamazione, commesso mediante la diffusione di notizie lesive dell'altrui reputazione allocate in un sito della rete "Internet", va determinata in forza del criterio del luogo di domicilio dell'imputato, in applicazione della regola suppletiva stabilita dall'art. 9, comma secondo, c.p.p.
Cass. pen. n. 2739/2011
La competenza per territorio, per il reato di diffamazione commesso mediante la diffusione di notizie lesive dell'altrui reputazione allocate in un sito "web", va determinata in forza del criterio del luogo di domicilio dell'imputato, in applicazione della regola suppletiva stabilita dall'art. 9, comma secondo, c.p.p.
Cass. pen. n. 13929/2010
Qualora si proceda per reato associativo che rientri nel novero di quelli indicati nell'art. 51, comma 3 bis c.p.p., e per reati connessi, la competenza territoriale per il primo esercita una "vis attractiva" anche su quella degli altri, sempre che ne sia accertato il luogo di consumazione, sulla base delle regole stabilite negli artt. 8 e 9, comma primo, c.p.p. o, quando sia impossibile la loro applicazione, in base a quelle del successivo art. 16, potendosi far ricorso ai criteri sussidiari indicati nei commi secondo e terzo del citato art. 9 solo in via residuale, allorché non possano trovare applicazione quei parametri oggettivi che, garantendo il collegamento tra competenza territoriale e luogo di manifestazione di almeno uno degli episodi che costituiscono la vicenda criminosa, meglio assicurano il principio costituzionale della "naturalità" del giudice, come fisiologica allocazione del processo, fin quando e dove possibile nel "locus commissi delicti". (Nella specie, relativa a procedimento per associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di t.l.e., risultando che il sodalizio criminoso operava, oltre che in territorio cinese, nella città di Brescia, dove risiedevano gli organizzatori stranieri dei traffici illeciti, la Corte ha dichiarato la competenza dell'a.g. bresciana, sulla base del comb. disp. artt. 9, comma primo, e decimo, comma terzo, c.p.p., ritenendo del tutto irrilevante che il sequestro del tabacco importato dall'organizzazione fosse avvenuto nel porto di Gioia Tauro). *
Cass. pen. n. 8665/2010
In caso di reato permanente, quando è ignoto il luogo in cui ha avuto inizio l'azione criminosa, il giudice competente per territorio può essere individuato in relazione al luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione, utilizzando i criteri residuali di cui all'art. 9 c.p.p. (Nella specie, in relazione al reato di detenzione di sostanza stupefacente trasportata su di un autocarro, la Corte ha escluso la competenza territoriale dell'A.G. del luogo di partenza del carico, poiché trattandosi di cospicua quantità, notoriamente prodotta all'estero, doveva applicarsi l'art. 9 c.p.p., non essendo noto il luogo di introduzione nel territorio dello Stato).
Cass. pen. n. 49356/2009
Quando si procede per uno dei reati associativi indicati nell'art. 51, comma terzo bis, c.p.p., e per reati connessi, la competenza va determinata con riferimento al reato di competenza distrettuale nei limiti in cui sia possibile individuare, anche sulla base di manifestazioni sintomatiche, il luogo in cui l'associazione è stata posta in essere o, in subordine, è stata realizzata una parte della sua attività tipica. Qualora non sia possibile in alcun modo individuare un radicamento sul territorio dell'attività dell'associazione, in se stessa considerata, vanno presi in esame, ai sensi dell'art. 16 c.p.p., i reati connessi, in ordine di decrescente gravità, e se neppure per essi è possibile individuare il luogo di realizzazione della condotta o di parte di essa, si deve far ricorso ai criteri dell'art. 9, commi secondo e terzo, stesso codice.
Cass. pen. n. 45743/2008
In tema di competenza per territorio, la residenza dell'imputato va individuata secondo criteri di effettività non prescrivendo la legge forme o modalità particolari per le ricerche relative al luogo di abitazione. (Nella fattispecie la Corte, confermando la legittimità dell'adozione da parte del giudice di merito del criterio di cui al comma terzo dell'art. 9 del codice di rito, ha ritenuto che l'eccepita residenza anagrafica non corrispondesse all'affermato principio di effettività).
Cass. pen. n. 33435/2006
Ai fini della determinazione della competenza per territorio, l'adempimento dell'iscrizione della notizia di reato richiamato dalla regola suppletiva di cui all'art. 9, comma terzo, c.p.p. deve intendersi in senso rigorosamente formale, e deve pertanto essere apprezzato in relazione alla specifica ipotesi criminosa oggetto di iscrizione e non anche in relazione all'eventuale più ampio contenuto della denuncia pervenuta all'ufficio del pubblico ministero, dal momento che il pubblico ministero non ha l'obbligo di iscrivere quelle informazioni che prima facie non mettano in evidenza elementi indizianti, ma meri sospetti.
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In tema di competenza per territorio, le vicende processuali successive ai limiti temporali di rilevazione della questione, anche con riferimento ai provvedimenti conclusivi adottati sul merito dal giudice, non incidono sulla competenza già affermata. (La Corte ha precisato che la pronuncia di non luogo a procedere in ordine ad un'imputazione e ad un imputato, la cui presenza aveva originariamente inciso sull'individuazione del giudice territorialmente competente anche in relazione ad altri reati e ad altri imputati, non determina lo spostamento della competenza ormai radicata in attuazione di una ben precisa regula iuris i cui effetti non sono provvisori ma danno attuazione, sin dal momento in cui si producono anche in sede di udienza preliminare, al principio della perpetuatio jurisdictionis e legittimano il potere decisorio del giudice al quale è devoluta la cognizione della vicenda).
Cass. pen. n. 11849/2003
Al fine di determinare la competenza per territorio facendo ricorso alla regola suppletiva di cui al terzo comma dell'art. 9 c.p.p., che indica la competenza del giudice del luogo ove ha sede l'ufficio del pubblico ministero che per primo ha iscritto la notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 c.p.p., non può essere assegnata giuridica idoneità a determinare lo spostamento della competenza ratione loci ad una precedente iscrizione di una notizia di reato vertente su fatti criminosi naturaliter diversi. (In applicazione di tale principio la Corte, con riferimento ad un'associazione criminale operante tra l'Italia e l'estero, ha escluso che l'iscrizione effettuata per il reato di cui all'art. 416 c.p., potesse influire sulla competenza per territorio di altra autorità giudiziaria che aveva proceduto in epoca successiva all'iscrizione per il reato di cui all'art. 416
bis c.p.).
Cass. pen. n. 6171/1996
Al fine della determinazione della competenza per territorio di un reato associativo, occorre far riferimento al luogo in cui ha sede la base ove si svolgono le attività di programmazione e di ideazione riguardanti l'associazione, essendo irrilevante il luogo di commissione dei singoli reati riferibili all'associazione. Tuttavia, qualora ci si trovi in presenza di un'organizzazione criminale composta di vari gruppi operanti su di un vasto territorio nazionale ed estero, i cui raccordi per il conseguimento dei fini dell'associazione prescindono dal territorio, né sono collegati allo stesso per la realizzazione dei suddetti fini, la competenza per territorio a conoscere del reato associativo non può essere individuata sulla base di elementi i quali, pur essendo rilevanti ai fini probatori per l'accertamento della responsabilità degli imputati, non sono particolarmente significativi ai fini della determinazione della competenza territoriale, essendo in contrasto con altri elementi ben più significativi i quali lasciano desumere che il luogo di programmazione e di ideazione dell'attività riferibile all'associazione non possa essere individuato con certezza. (Fattispecie relativa a una grossa organizzazione, operante a livello internazionale nel traffico delle armi e di sostanze stupefacenti, i cui capi si incontravano, di volta in volta, in Spagna, in Italia, in Svizzera e in Marocco per mettere a punto le strategie criminali, senza che potesse dirsi prevalente l'una o l'altra località come luogo centrale delle attività di associazione. In relazione a tale fattispecie, la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha ritenuto che occorresse far riferimento alla regola suppletiva dettata dall'art. 9, comma primo, c.p.p.).
Cass. pen. n. 3624/1993
Nell'ipotesi di reati connessi, per la determinazione della competenza per territorio, ove non sia possibile individuare il luogo di consumazione del reato più grave, non è consentito far ricorso alle regole suppletive stabilite dall'art. 9 c.p.p. — che, sia per la collocazione, sia per il contenuto letterale, si riferisce a procedimenti con reato singolo — ma si deve avere riguardo al luogo di consumazione del reato che, in via decrescente, si presenta come il più grave tra quelli residui.
Cass. pen. n. 1620/1993
In tema di competenza per territorio, l'art. 9, primo comma, c.p.p., nell'indicare quale elemento discriminatore parte dell'azione o dell'omissione, si riferisce, esclusivamente, alla parte di condotta che si presenta essenziale per l'integrazione della fattispecie di reato; ogni altra materialità potrà assumere valore ai fini probatori, ma non allo scopo di determinare la competenza, i cui criteri — almeno nelle regole generali — hanno riguardo esclusivamente alla consumazione del reato e, quindi, soltanto a quelle condotte che attuano tale situazione giuridica, anche nella sua forma imperfetta del tentativo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non utilizzabile il criterio di collegamento stabilito dall'art. 9, primo comma, c.p.p., in presenza di un'importazione di sostanze stupefacenti in ordine alla quale non si era stati in grado di determinare il luogo di superamento della linea di confine. La Corte ha precisato che tutto quanto avviene successivamente rappresenta un post factum indifferente ai fini dell'esistenza del delitto e, conseguentemente, anche della competenza).