Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 535 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Prezzo base dell'incanto

Dispositivo dell'art. 535 Codice di procedura civile

Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base è determinato dal minimo del giorno precedente alla vendita.

In ogni altro caso il giudice dell'esecuzione (1), nel provvedimento di cui all'articolo 530, sentito quando occorre uno stimatore [disp. att. 161], fissa il prezzo di apertura dell'incanto [539] o autorizza, se le circostanze lo consigliano, la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo(2).

Note

(1) La parola «pretore» è stata sostituita dalle parole «giudice dell'esecuzione» ai sensi dell'art. 93, d.lgs. 19-2-1998, n. 51, a decorrere dal 2-6-1999. Per la soppressione dell'ufficio del pretore si confronti l'art. 8 del c.p.c..
(2) Nel provvedimento con cui il giudice pronuncia la vendita viene fissato anche il prezzo base dell'incanto.
Nel caso in cui il valore delle cose risulti da listino di borsa o di mercato, il prezzo viene determinato dal minimo del giorno precedente la vendita. Diversamente, se si tratta di oggetti d'oro o d'argento, il prezzo base non deve essere inferiore al loro valore intrinseco.

Spiegazione dell'art. 535 Codice di procedura civile

Quando il giudice dell’esecuzione dispone che la vendita forzata dei beni mobili debba aver luogo all'incanto, analogamente a quanto accade se autorizza ex art. 532 del c.p.c. la vendita a mezzo commissionario, stabilisce il prezzo base dell'incanto.

La legge, ed in particolare la norma in esame, individua due casi in cui la fissazione del prezzo base è determinata attraverso il ricorso a criteri predeterminati, e precisamente:
  1. se le cose mobili oggetto del processo di espropriazione hanno delle quotazioni ufficiali risultanti dal listino di borsa o di mercato, nel qual caso, deve assumersi come prezzo base quello “minimo del giorno precedente alla vendita
  2. se i beni pignorati siano oggetti d'oro e d'argento: questi, ex art. 539 del c.p.c., non possono essere venduti per un prezzo inferiore a quello intrinseco.

Al di fuori di questi due casi, il giudice dell'esecuzione può determinare liberamente e secondo il suo prudente apprezzamento il prezzo base dell'incanto.

Generalmente viene indicato come prezzo base un valore corrispondente a quello risultante dalla stima effettuata dall'ufficiale giudiziario al momento del pignoramento, in particolare nel caso in cui lo stesso ufficiale giudiziario si sia già avvalso dell'opera di uno stimatore, come adesso consentito dall’art. 518 del c.p.c..

Ovviamente, se il prezzo base dovesse risultare eccessivamente alto, è probabile che non venga presentata alcuna offerta né di acquisto né di assegnazione, così come, dall’altro lato, se troppo basso, si corre il rischio che il bene possa essere aggiudicato a un prezzo inferiore a quello massimo potenzialmente realizzabile.

Proprio per evitare che le finalità proprie del processo di espropriazione non possano essere raggiunte, la disposizione in esame consente al giudice dell'esecuzione, anche in sede di determinazione del prezzo base, di avvalersi dell'opera di uno stimatore.
Viene infatti stabilito che il giudice può nominare lo stimatore “quando occorre”, cioè ogni qualvolta lo ritenga opportuno secondo la sua discrezionale valutazione.

Va comunque evidenziato che il giudice dell'esecuzione non è vincolato alle conclusioni dello stimatore, potendole sempre disattendere.

Ulteriore possibilità contemplata dalla disposizione in esame con riferimento alla determinazione del prezzo base dell'incanto è costituita dalla circostanza che il giudice autorizzi “la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo”.
Secondo quanto espressamente stabilito, ciò può avvenire soltanto “se le circostanze lo consigliano”.
In dottrina è stato precisato che il giudice, ove stabilisca di non fissare un prezzo minimo, deve dare adeguata motivazione del provvedimento, ossia illustrare quali sono le ragioni di opportunità che giustificano tale scelta.

Massime relative all'art. 535 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 26898/2008

In tema di pegno, la possibile derogabilità consensuale della disciplina dettata dall'art. 2797 cod. civ. è applicabile sia al termine minimo di preavviso (ridotto nella specie ad un giorno) sia all'intimazione a mezzo dell'ufficiale giudiziario (sostituita con un preavviso al debitore dato in forma scritta); se poi la cosa ha "un prezzo di mercato", nel significato desumibile per analogia dall'art. 1515 cod. civ. relativo all'esecuzione coattiva della vendita e dunque "un prezzo corrente stabilito per atto della pubblica autorità ovvero risultante da listini di borsa o mercuriali", la vendita stessa può avvenire a mezzo delle persone autorizzate, ai sensi dell'art. 83 disp. att. cod. civ. o anche tramite commissionario, ciò implicando una "vendita a trattative private" ad un prezzo non inferiore al minimo del listino, così potendosi argomentare in via analogica dall'art. 532 cod. proc. civ. (in applicazione di tali principi è stata cassata con rinvio la sentenza che erroneamente, trattandosi di cose oggetto del pegno costituite da titoli del debito pubblico rilasciati a garanzia, non aveva valutato se esse avessero un prezzo di mercato e così pure se la banca, nella sua qualità di intermediario finanziario e quindi abilitato alla negoziazione di valori mobiliari, rivestisse la qualità di persona autorizzata alla vendita ex art. 2797 cod. civ.).

Cass. civ. n. 21090/2007

L'art. 106 legge fallimentare, nel testo anteriore alla novella del 2006, affida alla discrezionalità del giudice delegato la scelta delle forme della vendita, nonché le concrete modalità della stessa; ne consegue che il rilevante valore economico del bene non rappresenta un impedimento alla vendita ad offerte private né richiede necessariamente la fissazione di un prezzo minimo. (Nella specie la S.C. ha confermato la statuizione del tribunale che, adito in sede di reclamo ex art. 26 legge fallimentare, non aveva censurato la scelta del giudice delegato di vendere a trattativa privata un compendio aziendale di rilevante valore economico, né aveva fissato un prezzo minimo di vendita.)

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!