La norma in esame si occupa di disciplinare il
reclamo avverso gli atti del
professionista delegato o del
commissionario incaricati delle operazioni di vendita nell’
esecuzione forzata mobiliare.
Anche questa norma è stata oggetto di modifiche per effetto della Riforma Cartabia, modifiche volte più che altro a coordinare la disciplina del reclamo avverso gli atti del
professionista nell’espropriazione mobiliare con quella del modificato
art. 591 ter del c.p.c. in tema di espropriazione immobiliare.
Nella versione previgente alla Riforma di cui al D.Lgs. 10.10.2022, n. 149, la norma prevedeva che, nel caso in cui fossero insorte difficoltà nel corso della
vendita forzata, il professionista (o il commissionario nella vendita mobiliare) avrebbe dovuto rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale poteva provvedere con decreto reclamabile; sul reclamo lo stesso giudice dell’esecuzione si pronunciava con
ordinanza impugnabile ex
art. 669 terdecies del c.p.c..
La Riforma del 2022 è intervenuta sulla norma in esame dividendola in tre e non più in due commi.
Il primo comma continua a prevedere che “
quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà il professionista delegato o il commissionario possono rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto”.
Al secondo comma viene introdotto un
termine perentorio di venti giorni dal compimento dell’atto o dalla sua conoscenza per proporre reclamo avverso gli atti del professionista delegato o del commissionario ad opera delle parti e degli interessati, reclamo che va proposto mediante ricorso al giudice dell’esecuzione (la previsione del termine perentorio di venti giorni implica la stabilizzazione degli atti del professionista in un momento successivo alla sua
scadenza del termine).
Solo se sussistano gravi motivi, il giudice dell’esecuzione può disporre la sospensione.
L’ultimo comma dispone che sul reclamo il giudice dell’esecuzione provvede con ordinanza, avverso la quale si ammette l’opposizione ex
art. 617 del c.p.c. (ciò ne conferma la natura non decisoria, ma meramente ordinatoria, di tale ordinanza, facendo venir meno ogni dubbio in merito alla sua possibile idoneità al giudicato).