Il procedimento disciplinato dalla norma in esame ha natura di rito monocratico deformalizzato e presenta analogie con il procedimento cautelare, con eventuale istruttoria e indagini sui redditi secondo le forme più opportune.
Il
decreto emesso a conclusione del procedimento è immediatamente esecutivo.
Giudice territorialmente competente (trattasi di
competenza territoriale inderogabile) è il Tribunale del luogo di
residenza o
domicilio dell’ istante.
L’attribuzione della competenza al luogo di residenza dell’istante costituisce espressione di ulteriore
favor nei confronti della vittima.
La legittimazione attiva compete esclusivamente al soggetto che ha subito la condotta abusante ed il
ricorrente può promuovere il relativo procedimento anche in assenza di difesa tecnica, volendosi in tal modo garantire l’ immediatezza del contatto fra soggetto abusato ed
ufficio giudiziario.
Di fatto, tuttavia, considerato che per il buon esito del procedimento si rende necessario compiere attività processuali volte ad accertare la sussistenza dei presupposti per l’emanazione dell’ordine e per dare impulso al procedimento, la parte personalmente potrebbe unicamente presentare l’ istanza mentre, nel corso del giudizio, sarebbe comunque necessaria l’assistenza di un
difensore.
Legittimato passivo è, invece, il soggetto abusante (si ritiene non possa configurarsi alcuna ipotesi di
litisconsorzio necessario esteso ai componenti del nucleo familiare).
Come si è prima accennato, il procedimento si instaura con ricorso al tribunale che provvede, in
camera di consiglio, in composizione monocratica.
Il ricorso deve contenere l’esatta indicazione delle misure personali e patrimoniali richieste, la descrizione della condotta abusante, nonché l’ indicazione dei mezzi istruttori e degli elementi probatori posti a sostegno della domanda.
Il Presidente del Tribunale designa il giudice cui viene affidata la trattazione del procedimento il quale, previa audizione delle parti, procede agli atti di necessari, secondo le modalità dallo stesso ritenute più opportune.
Non ricorrendo alcuna delle ipotesi dell’
art. 70 del c.p.c., non è necessario l’intervento del
pubblico ministero.
L’
ordine di protezione può essere pronunciato immediatamente, senza la preventiva convocazione del legittimato passivo, nei di casi di urgenza, previa eventuale assunzione di sommarie informazioni.
Si ritiene che può configurarsi una situazione di urgenza nell’ ipotesi in cui la vittima versi in una situazione di grave pericolo per la sua incolumità, fisica o mentale, che renda non differibile l’adozione dell’ordine; in tal caso il giudice dovrà fissare l’udienza di comparizione delle parti innanzi a sé in un termine non superiore a quindici giorni, assegnando a parte ricorrente un termine non superiore ad otto giorni per la notifica del ricorso e del decreto.
L’ istruttoria del procedimento si caratterizza per la sua sommarietà, adattandosi a questo procedimento lo schema operativo dell’
art. 669 sexies del c.p.c., in forza del quale il giudice procede, nel modo ritenuto più opportuno, agli atti di istruzione necessaria.
Il giudice gode di rilevanti poteri, considerato che gli è concessa la possibilità di disporre indagini sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, anche valendosi dell’ausilio della polizia tributaria.
Tuttavia, parte della dottrina fa osservare che i poteri istruttori di indagine patrimoniale sarebbero condizionati non solo dalla richiesta di concessione di misura di carattere patrimoniale a favore del ricorrente, ma anche dall’esistenza di contestazioni in ordine alla consistenza del patrimonio dell’obbligato.
Avverso il decreto di adozione o di reiezione dell’ordine di protezione, ovvero avverso il decreto che confermi, modifichi o revochi l’ordine di protezione adottato
inaudita altera parte, è ammesso reclamo, da proporsi al Tribunale, secondo le modalità di cui al secondo comma dell’
art. 739 del c.p.c. (trattasi di reclamo modulato sul disposto dell’
art. 669 terdecies del c.p.c.).
In particolare, il procedimento di reclamo si svolge secondo le modalità dei giudizi in camera di consiglio, in forma collegiale, e del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato.
La proposizione del
reclamo non sospende l’esecutività dell’ordine di protezione.
Avverso il provvedimento di reclamo non è ammesso ulteriore mezzo di
impugnazione (la
ratio del divieto risiede, fondamentalmente, nella temporaneità della misura di protezione).