La norma in esame riproduce il contenuto dell’
art. 342 ter del c.c., essendo solo stato eliminato il riferimento alla possibilità per il giudice di disporre l’intervento di un centro di mediazione familiare.
Il nucleo prescrittivo obbligatorio dell’
ordine di protezione è costituito dall’ingiunzione di cessazione della condotta abusante.
Nello stesso ordine di protezione può anche essere inserito l’ordine di allontanamento dalla dimora familiare del soggetto che ha posto in essere la condotta pregiudizievole.
Il riferimento alla casa familiare va inteso quale luogo in cui si svolge, con continuità e stabilità, la vita del nucleo familiare; nell’ ipotesi in cui l’autore della condotta abusiva sia titolare di
diritto reale o personale di
godimento dell’immobile, il provvedimento di allontanamento potrebbe rappresentare una sorta di misura anticipatoria dell’assegnazione dell’immobile, considerato che attribuisce alla vittima il godimento esclusivo dell’unità immobiliare per tutta la durata dell’ordine di protezione.
Per effetto dell’adozione della misura in esame, al soggetto abusato viene dunque riconosciuto un
diritto personale di godimento dell’ immobile, analogo al diritto spettante al coniuge assegnatario della
dimora coniugale nei procedimenti di separazione e divorzio; sempre in analogia con quanto accade nei procedimenti di separazione e divorzio, si ritiene che la misura determini la successione nel contratto di
locazione a favore del soggetto a cui viene conferito il godimento dell’immobile.
Tra le disposizioni che vengono definite “accessorie” vi è il divieto di avvicinamento del soggetto abusante ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, luoghi tra i quali, la norma in commento individua quello di lavoro, il
domicilio della famiglia di origine, il domicilio di altri
prossimi congiunti o di altri soggetti (si tratta di un elenco meramente esemplificativo e non tassativo).
Il divieto può anche riguardare le zone poste in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia.
Si ritiene che, in considerazione della natura della misura in oggetto, atta a porre consistenti limitazioni alla libertà di movimento del soggetto, l’ ingiunzione di non avvicinamento debba espressamente e dettagliatamente indicare i luoghi temporaneamente vietati.
Tuttavia, nel caso in cui il soggetto abusante debba frequentare tali luoghi per esigenze lavorative, l’ordine non può prescrivere diverse modalità o limitare la frequentazione dei luoghi, non potendo le esigenze protettive prevalere su quelle lavorative.
Nel provvedimento può essere disposto l’ intervento dei servizi sociali ovvero delle associazioni che abbiano come finalità statutaria il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di maltrattamenti e abusi.
Nel disporre la misura protettiva, il giudice può parimenti imporre il versamento periodico di un assegno in favore dei conviventi che, per effetto dell’adozione dei provvedimenti di tutela, rimangano privi di adeguati
mezzi di sussistenza.
Nel provvedimento andranno indicati modalità e termini di versamento dell’importo e potrà essere disposto che la somma sia corrisposta direttamente dal
datore di lavoro dell’obbligato, mediante detrazione dalla retribuzione.
Tale disposizione risponde all’ intento di evitare che le eventuali conseguenze economiche pregiudizievoli, discendenti dall’allontanamento dalla dimora familiare del soggetto abusante, possano costituire un ostacolo per la vittima, tanto da farla desistere dal promuovere il procedimento, nell’ ipotesi in cui il soggetto abusante sia, come spesse accade, l’unico soggetto in grado di sostentare economicamente la famiglia.
Nella determinazione dell’’ importo del versamento il giudice può far riferimento al tenore di vita del nucleo familiare, valutando sia l’eventuale patrimonio comune delle parti che il patrimonio personale dell’obbligato, in ragione della precipua necessità di valutare l’eventuale
stato di bisogno del beneficiario.
In forza di quanto previsto al secondo comma dell’
art. 473 bis 71 del c.p.c., il giudice, ove ne ravvisi la necessità, può disporre indagini patrimoniali anche per mezzo della polizia tributaria.
Nella scelta della misura da adottare il giudice gode di
potere discrezionale, il quale va esercitato bilanciando le esigenze del ricorrente con i diritti del soggetto che ha posto in essere i comportamenti abusanti.
Il decreto deve stabilire la durata temporale dell’ordine di protezione, la quale non potrà essere superiore ad un anno, salva la possibilità di proroga del termine, su richiesta di parte ovvero del pubblico ministero per l’ipotesi in cui vi siano minori (la proroga potrà essere concessa solo per il tempo strettamente necessario e solamente in presenza di gravi motivi).
Nell’ ipotesi in cui insorgano difficoltà o contestazioni circa l’esecuzione dell’ordine, il giudice provvede con decreto all’emanazione dei provvedimenti più opportuni per l’esecuzione, disponendo l’eventuale ausilio della
forza pubblica o dell’ufficiale sanitario.
Nella nozione di difficoltà vi si debbono far rientrare tutte le fattispecie di contrasto, in fatto ed in diritto, che nel corso del procedimento possono insorgere in merito all’esercizio dei poteri dell’ufficio esecutivo.