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Articolo 317 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Rappresentanza davanti al giudice di pace

Dispositivo dell'art. 317 Codice di procedura civile

(1) Davanti al giudice di pace (2) le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce alla citazione o in atto separato (3), salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale (4).

Il mandato a rappresentare comprende sempre quello a transigere e a conciliare.

Note

(1) Articolo così sostituito con l. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) L'articolo in commento riproduce il previgente art. 319, con la sostituzione del termine "conciliatore" con quello "giudice di pace" e della formula "transigere e consentire alla conciliazione" con quella "transigere e conciliare". E' stato anche abolito il limite per cui la facoltà di farsi rappresentare da un mandatario era concessa soltanto se l'ufficio di conciliazione si trovasse fuori della sede di pretura (soppresso a decorrere dal 2 giugno 1999).
(3) La parte potrà affidare la propria difesa tecnica al rappresentante processuale volontario di cui all'articolo 317 sono in quelle cause in cui la stessa possa stare in giudizio personalmente: dinanzi al giudice di pace, la difesa personale della parte è ammessa solo per le cause di valore non superiore a 1.100 euro, mentre negli altri casi, rimane subordinata alla previa autorizzazione del magistrato (art. 82 del c.p.c.).
Il rappresentante processuale può essere anche una persona non professionalmente qualificata in cui la parte ripone la propria fiducia.
(4) Il giudice può ordinare la comparizione personale delle parti allo scopo di controllare l'autenticità del mandato o per esperire il tentativo di conciliazione ai sensi del primo comma dell'art. 320 del c.p.c..

Ratio Legis

La norma contempla una eccezione che deroga ad una regola fondamentale della rappresentanza processuale, quella per cui il potere rappresentativo processuale può essere conferito soltanto a soggetti che abbiano la qualità di rappresentante anche nel campo sostanziale (art. 77 del c.p.c.). Nella prassi, l'istituto ha avuto scarsa applicazione, in quanto le parti sono solite farsi assistere da legali professionalmente qualificati.

Spiegazione dell'art. 317 Codice di procedura civile

Secondo quanto disposto dall’art. 82 del c.p.c., nei procedimenti davanti il giudice di pace le parti sono autorizzate a stare in giudizio personalmente solo nelle cause il cui valore non ecceda euro 516,46.

Per la cause di valore superiore ad euro 516,46 la difesa personale deve essere previamente autorizzata dal giudice di pace, con la conseguenza che se il giudice non dovesse autorizzare tale forma di difesa, la parte deve avvalersi di un difensore abilitato per lo svolgimento delle attività difensive.

La facoltà riconosciuta dalla presente norma alla parte di farsi rappresentare, dinanzi al giudice di pace, da persona munita di mandato scritto (in calce alla citazione o in atto separato), è cosa ben diversa dalla rappresentanza tecnica, ossia dall'obbligo di avvalersi di un avvocato (si tratta, infatti, di rappresentanza processuale volontaria).
In dottrina è stato precisato che il mandato non deve essere necessariamente conferito per atto autentico (requisito invece richiesto ex art. 183 del c.p.c. per la cause davanti al tribunale).
Nell’ipotesi di conferimento di un mandato, al giudice di pace spetta un potere di verifica formale dell'atto, ma non anche un potere di accertamento circa l'esistenza dell’ impedimento in conseguenza del quale il mandato è stato rilasciato.

Massime relative all'art. 317 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 10384/2006

L'articolo 317 del codice di procedura civile, nel prevedere che avanti al giudice di pace la parte possa farsi rappresentare da persona munita di mandato, consente al giudice la verifica formale dell'atto, ma non anche di accertare la presenza dell'eventuale impedimento in vista del quale il mandato è stato eventualmente rilasciato, essendo l'accertamento di un tale limite attinente esclusivamente al rapporto interno fra mandante e mandatario.

Cass. civ. n. 8339/2005

In tema di procedimento dinanzi al giudice di pace, l'art. 317 c.p.c., nel prevedere che le parti possono farsi rappresentare in giudizio da persona munita di mandato in calce alla citazione o in atto separato, non richiede che la scrittura privata di conferimento sia munita di autenticazione, requisito che è invece stabilito dall'art. 183 c.p.c. per il procedimento dinanzi al tribunale.

Cass. civ. n. 48/2001

Nel giudizio dinanzi al giudice di pace le parti possono, a norma dell'art. 317 c.p.c., farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto, ossia stare in giudizio tramite un mandatario con rappresentanza, anche se non munito di potere rappresentativo nel rapporto sostanziale, ma tale facoltà non si estende anche al giudizio di legittimità instaurato avverso la sentenza pronunciata dal giudice di pace, atteso che il citato art. 317 è incluso tra le “disposizioni speciali per il procedimento davanti al giudice di pace” e che esso, avendo carattere derogatorio della disciplina ordinaria in materia di capacità processuale e perciò indubbia natura eccezionale, non può, a norma dell'art. 14 disp. prel. c.c., essere applicato oltre i casi espressamente considerati; ne consegue che va dichiarata l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza del giudice di pace da soggetto munito di un mandato conferente anche il potere rappresentativo sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio.

Cass. civ. n. 5235/2000

In tema di procedimenti dinanzi al giudice di pace, l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dalla parte tramite avvocato esercente extra districtum e sottoscritto da quest'ultimo è pienamente legittimo tutte le volte in cui il valore della controversia risulti inferiore a lire un milione, ai sensi del combinato disposto dell'art. 82, primo comma, c.p.c. — come modificato dall'art. 20 della legge 374/91 — a mente del quale la parte può, in tal caso, stare in giudizio personalmente, e dell'art. 317 stesso codice — come modificato dall'art. 26 della legge 374/91 — secondo il quale la parte stessa può farsi rappresentare da persona munita di mandato scritto in calce all'atto di citazione o in atto separato. In tal caso, difatti, non rileva la qualifica del sottoscrivente di difensore non abilitato, bensì soltanto quella di «rappresentante munito di mandato scritto in calce all'atto o in atto separato», sì che l'unico presupposto richiesto ex lege per la validità dell'atto de quo è quello che il valore della causa non superi il milione di lire.

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