Cass. civ. n. 19422/2020
In tema di opposizione allo stato passivo, il terzo interveniente volontario, principale o litisconsortile, sottostà al regime delle preclusioni istruttorie di cui agli artt. 98 e 99 l.fall., applicandosi nei suoi confronti il disposto dell'art. 268, comma 2, c.p.c., che interdice all'interveniente - non sul piano assertivo, ma sul piano istruttorio, relativamente sia alle prove costituente che a quelle documentali - il compimento di atti che, al momento dell'intervento, non sono più consentiti ad alcuna parte. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, in un giudizio di opposizione allo stato passivo intrapreso dal concessionario per la riscossione, aveva dichiarato ammissibili gli interventi degli enti impositori, salvo dichiararne la decadenza dal potere di proporre eccezioni e mezzi di prova oltre il termine di cui all'art. 98 l.fall.). (Rigetta, TRIBUNALE PALERMO, 20/06/2018).
Cass. civ. n. 31939/2019
Chi interviene volontariamente in un processo ha sempre la facoltà di formulare domande nei confronti delle altre parti, quand'anche sia spirato il termine di cui all'art. 183 c.p.c. per la fissazione del "thema decidendum"; né tale interpretazione dell'art. 268 c.p.c. viola il principio di ragionevole durata del processo od il diritto di difesa delle parti originarie del giudizio, poiché l'interveniente, dovendo accettare il processo nello stato in cui si trova, non può dedurre, ove sia già intervenuta la relativa preclusione, nuove prove e, di conseguenza non vi è né il rischio di riapertura dell'istruzione, né quello che la causa possa essere decisa sulla base di fonti di prova che le parti originarie non abbiano potuto debitamente contrastare.
Cass. civ. n. 24529/2018
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 268, comma 2, c.p.c., in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dal momento che la necessità per il terzo, che intervenga in un processo già iniziato, di parteciparvi "rebus sic stantibus", senza poter incidere sullo sviluppo delle fasi processuali, non costituisce ostacolo alla tutela effettiva del suo diritto, essendogli consentito di far valere le proprie ragioni, in condizione di piena eguaglianza con le altre parti, mediante la proposizione di un autonomo giudizio o dell'opposizione ex art. 404 c.p.c..
Cass. civ. n. 18564/2011
In tema di intervento da parte del terzo nei giudizi trattati dalle sezioni stralcio dei tribunali ordinari, la disposizione di cui all'art. 268 c.p.c., che non consente, in generale, tale eventualità dopo la rimessione della causa al collegio, va riferita all'udienza fissata per la precisazione delle conclusioni dinanzi al giudice onorario (G.O.A.) nominato ai sensi dell'art. 13 della legge n. 276 del 1997, e non alla precedente udienza fissata dal giudice istruttore, avendo l'assegnazione della causa al predetto giudice onorario riproposto necessariamente la trattazione nelle successive fasi che hanno assorbito, reiterandole, quelle già svolte, con la conseguenza che rispetto ad esse va condotto lo scrutinio su eventuali preclusioni di legge.
Cass. civ. n. 3186/2006
La preclusione sancita dall'art. 268 c.p.c., nel nuovo testo introdotto dalla legge 26 novembre 1990 n. 353, non si estende all'attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non è operante il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento «fino all'udienza di precisazione delle conclusioni» configurandosi solo l'obbligo, per l'interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie.
Cass. civ. n. 3907/1986
Al di fuori dell'ipotesi in cui intervenga volontariamente per l'integrazione necessaria del contraddittorio, al terzo restano precluse quelle attività che non sono più consentite alle parti, a nulla rilevando che l'intervento spiegato sia meramente adesivo ovvero principale.
Cass. civ. n. 2173/1965
La disposizione dell'art. 268 c.p.c. va intesa nel senso che il termine finale per spiegare intervento è rappresentato dal provvedimento mediante il quale il giudice istruttore rimette le parti al collegio, fissando l'udienza collegiale per la discussione e spogliandosi in tale modo della causa. Fino a quando tale provvedimento non sia stato emesso, anche se le parti siano state invitate dall'istruttore a precisare le conclusioni, l'intervento del terzo è ammissibile. Se poi la causa ritorni all'istruttore, neppure la rimessione della causa al collegio vale come termine preclusivo all'intervento del terzo, sempreché la causa venga restituita all'istruttore nella sua pienezza, per la continuazione della fase istruttoria, e non già quando la causa stessa sia stata parzialmente decisa con una sentenza non definitiva, perché il terzo non può riaprire la discussione sul punto deciso specie quando intenda spiegare intervento non già ad adiuvandum, ma per far valere un interesse proprio.
Cass. civ. n. 128/1964
Le richieste specifiche formulate dall'attore contro il terzo, dopo che questi ha accettato il contraddittorio e preso conclusioni di merito, purché contenute entro i limiti della domanda originaria, non possono qualificarsi come domande nuove. Né è necessario che nei confronti del chiamato l'attore notifichi l'atto di citazione o comunichi la comparsa.
Cass. civ. n. 1776/1953
Al convenuto, dichiarato contumace e successivamente costituitosi contemporaneamente ad altri, volontariamente intervenuti in veste di coattori per la integrazione necessaria del contraddittorio, e a seguito di intimazione da parte di costoro, è consentito proporre eccezioni e dedurre mezzi istruttori in applicazione del secondo comma dell'art. 268 c.p.c.
Cass. civ. n. 2257/1949
Ai sensi del capoverso dell'art. 268 c.p.c., soltanto al terzo che comparisca volontariamente, anche ad istruttoria ultimata, per l'integrazione necessaria del contraddittorio, è consentito di compiere atti che non sono più consentiti alle altre parti.