Cass. pen. n. 19209/2017
In tema di raccolta e trasporto in forma ambulante di rifiuti in genere e, con riguardo a quelli metallici, di condotte anteriori all'introduzione dell'art. 188, comma primo-bis, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, da parte della L. 28 dicembre 2015, n. 221, operando, per quelle successive, l'espressa esclusione dell'applicabilità della disciplina di cui all'art. 266, comma quinto, D.Lgs. cit., ai fini dell'esenzione dagli ordinari obblighi gravanti sui gestori ambientali, prevista dal predetto art. 266, comma quinto, occorre che il detentore sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio dell'attività commerciale in forma ambulante ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, che si tratti di rifiuti costituenti oggetto del suo commercio in conformità a tale normativa e che i rifiuti stessi non siano pericolosi o comunque riconducibili a categorie autonomamente disciplinate. (Fattispecie relativa a raccolta e trasporto, prima della L. n. 221 del 2015, di una fotocopiatrice e di due blocchi di motore di autovettura, con riferimento alla quale la Corte ha escluso l'operatività della deroga ex art. 266, comma quinto, D.Lgs. n. 152 del 2006, in relazione all'autorizzazione al commercio ambulante di rottami ferrosi posseduta da uno degli imputati, giacché tali rifiuti, assoggettati a speciali discipline ed in parte pericolosi, mai avrebbero potuto costituire oggetto di commercio ambulante). (Rigetta, App. Palermo, 27 maggio 2016). In tema di raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante in genere e, nel caso dei rifiuti metallici, di attività effettuata antecedentemente all'entrata in vigore del comma 1-bis dell'art. 188 del D.Lgs. n. 152 del 2006, occorre che il detentore sia in possesso del titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio cui sia effettivamente applicabile detta disciplina e che detti rifiuti non siano qualificabili come pericolosi o non siano riconducibili, per le loro peculiarità, a categorie autonomamente disciplinate.
Cass. pen. n. 35462/2016
In materia di rifiuti, il "conferimento" a soggetti terzi in assenza di autorizzazione integra il reato di gestione abusiva di rifiuti di cui all'art. 256, comma primo, lett. a), D.Lgs. n. 152 del 2006, trattandosi di locuzione che allude alla condotta di commercio di rifiuti, che ne presuppone, peraltro, logicamente il trasporto. (Annulla senza rinvio, G.I.P. Trib. Trani, 31 ottobre 2014).
Cass. pen. n. 23908/2016
L'art. 30 della legge n. 221/2015, che ha modificato l'art. 188 del D.Lgs. n. 152/2006 stabilendo che "alla raccolta e al trasporto dei rifiuti di rame e di metalli ferrosi e non ferrosi non si applica la disciplina di cui all'art. 266, comma 5", non ha introdotto innovativamente, per i materiali indicati, una inoperatività della deroga in precedenza non sussistente; in realtà, la "deroga alla deroga" in tal modo operata si limita semplicemente ad escludere l'esenzione, dall'obbligo della comunicazione al catasto dei rifiuti, della tenuta del registro di carico e scarico, della compilazione del F.I.R. e dell'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali, di quelle attività di trasporto e raccolta che, anche se esercitate "commercialmente" (posto che tale era il presupposto della "facilitazione" di cui all'art. 266, comma 5 cit.), abbiano tuttavia ad oggetto il rame e i metalli ferrosi e non ferrosi, in tal modo tornando ad applicarsi in questi casi le più rigorose regole generali. Di conseguenza, nulla è stato innovato quanto al fatto che, già precedentemente all'introduzione della nuova disposizione, fosse richiesto, per l'esenzione suddetta, l'esistenza di titolo abilitativo per l'esercizio di attività commerciale in forma ambulante; sicché, il fatto che ora, per chi eserciti l'attività commerciale in forma ambulante di trasporto o raccolta di metalli e rame, siano richiesti gli adempimenti sopra elencati, non significa che gli stessi non fossero richiesti in precedenza per chi a tale attività commerciale ambulante non fosse abilitato formalmente. In tema di rifiuti, il reato di cui all'art. 256 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 è configurabile anche in relazione alle condotte non autorizzate di raccolta e trasporto di rifiuti metallici esercitate in forma ambulante, pur se poste in essere prima dell'entrata in vigore del comma 1-bis dell'art. 188 del predetto D.Lgs., introdotto dalla L. n. 221 del 2015. (In motivazione la S.C. ha precisato che a seguito di tale modifica normativa - che ha escluso l'applicabilità, per le attività ambulanti di raccolta e trasporto di rifiuti metallici, dell'esenzione dagli ordinari obblighi gravanti sui gestori ambientali, prevista dall'art. 266, comma quinto, D.Lgs. n. 152 - la valutazione della rilevanza penale delle condotte anteriori alla novella richiede tuttora l'accertamento dell'esistenza e validità del titolo abilitativo al commercio e della riconducibilità del rifiuto all'attività autorizzata, mentre tale verifica non occorre per le condotte successive, avuto riguardo all'inapplicabilità "tout court" della deroga di cui al citato comma quinto dell'art. 266). (Annulla senza rinvio, G.I.P. Trib. Asti, 24 aprile 2014) .
Cass. pen. n. 5714/2016
Il privato che intenda svolgere un'attività di gestione di rifiuti (nella specie, dopo la raccolta, i rifiuti prodotti da terzi venivano consegnati per fini di lucro ad un operatore professionale) deve assolvere, con il criterio dell'ordinaria diligenza, al c.d. dovere di informazione, attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia e solo l'assolvimento di tale obbligo scusa l'ignoranza della legge penale (nella specie, la Corte ha ritenuto che non potesse mettersi in dubbio che, anche senza una particolare avvedutezza, per poter commercializzare 344 kg di rifiuti metallici occorresse quantomeno informarsi presso l'autorità se ciò poteva essere fatto liberamente o se occorresse invece una qualche forma di autorizzazione).
Cons. Stato n. 503/2015
L'attività di trattamento dei rifiuti speciali conferiti al servizio pubblico di raccolta, previa convenzione con il gestore, costituisce per qualificazione di legge (artt. 188, comma 3, lett. a), e 189, comma 3, lett. b), del D.Lgs. n. 152/2006, Codice dell'ambiente) un servizio pubblico e dunque deve essere considerata come attività svolta a favore del territorio di riferimento (Conferma della sentenza del T.a.r. Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, n. 539/2013).
C. giust. UE n. 551/2014
Il diritto dell'Unione e la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che trasponga una disposizione di tale direttiva, ma entri in vigore subordinatamente all'adozione di un atto interno successivo, qualora detta entrata in vigore intervenga dopo la scadenza del termine di trasposizione fissato dalla medesima direttiva. L'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2008/98, in combinato disposto con gli articoli 4 e 13 della stessa, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che non preveda la possibilità, per un produttore di rifiuti o un detentore di rifiuti, di provvedere personalmente allo smaltimento dei suoi rifiuti, con conseguente esonero dal pagamento di una tassa comunale per lo smaltimento dei rifiuti, purché detta normativa sia conforme ai requisiti del principio di proporzionalità.