La norma in commento riprende il vecchio art. 66 l.fall. e disciplina l'azione revocatoria ordinaria, funzionale non tanto al recupero dei beni alienati al patrimonio dell'imprenditore assoggettato a liquidazione giudiziale, quanto a consentire, nell'interesse dei creditori cui è stata sottratta la garanzia generica, l'aggressione esecutiva dei beni come se appartenessero ancora al debitore imprenditore assoggettato a liquidazione giudiziale. Si tratta di una tutela conservativa del credito, e non recuperatoria del bene, come si può dedurre dalla circostanza per cui l'atto revocato subisce una declaratoria di inefficacia e non di invalidità.
Quando viene aperta la liquidazione giudiziale, l'azione revocatoria ordinaria può essere esercitata dal solo curatore; il rinvio alle «norme del c.c.» comporta la permanenza di tutti quei requisiti sostanziali predisposti dall'art. 2901 c.c. (sempre fatte salve le peculiarità che derivano dall'avvio della liquidazione giudiziale quanto agli effetti, alla legittimazione ed alla competenza, appunto, riservata al solo curatore).
I presupposti dell'azione sono quindi: atto dispositivo, eventus damni, scientia damni o consilium fraudis.
L'onere della prova dei presupposti della revocatoria grava sul curatore, anche in ragione della facilità che quest'ultimo ha nel dimostrare l'inadeguatezza del patrimonio residuo del debitore rispetto ai crediti ammessi anteriori all'atto revocando,
L'accoglimento della revocatoria è quello derivante dall'art. 2901: l'atto di disposizione risulta inefficace anche se valido, per cui il bene può essere aggredito in danno del terzo come se non fosse uscito dal patrimonio dell'imprenditore assoggettato a liquidazione giudiziale. La sola differenza, tra la revocatoria svolta nell'ambito della liquidazione giudiziale e quella disciplinata dal codice civile, è che la declaratoria di inefficacia opera a vantaggio della generalità dei creditori, e non del solo creditore che ha agito in giudizio, come prevede invece l'art. 2901.
Il comma 2° dispone la proponibilità dell'azione non solo nei confronti del contraente immediato ma anche, ove possibile, dei suoi aventi causa, richiamando in sostanza il comma 4° dell'art. 2901 c.c.
Presupposto per agire nei confronti del subacquirente è il previo accertamento della inefficacia del primo atto, in quanto costituisce il presupposto logico-giuridico dell'acquisto del subacquirente.
Anche la revocatoria nei confronti dei subacquirenti può essere esercitata dal curatore davanti al tribunale di cui all'art. 27, a meno che egli non sia intervenuto in giudizio già pendente.
L'inefficacia dell'atto non pregiudica i terzi di buona fede, che abbiano acquistato a titolo oneroso, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione, intendendosi per buona fede l'ignoranza della revocabilità dell'atto di acquisto del dante causa del subacquirente. I terzi subacquirenti a titolo gratuito del terzo, invece, risulteranno soccombenti anche in caso di buona fede.
Qualora, invece, la «revocatoria a cascata» non sia possibile, il curatore dovrà agire nei confronti del primo acquirente per ottenere – mediante il meccanismo della c.d. «revocatoria risarcitoria» – il pagamento del valore del bene a titolo di risarcimento.