L'articolo riporta, nel Codice della crisi, il vecchio art. 42 l.fall.
Intervenuta la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, di cui all'art. 49 c.c.i.i., il debitore è privato dell'amministrazione e della disponibilità dei beni esistenti. L'effetto è affiancato da quello che si registra nell'ipotesi di pignoramento all'interno del processo di espropriazione: la liquidazione giudiziale comporta, in effetti, l'avvio di un'esecuzione collettiva sui beni del debitore, al pari di un pignoramento generale con cui si assoggettasse ad espropriazione l'intero suo patrimonio.
Oggetto dello spossessamento sono i beni rientranti nel patrimonio del debitore, salvo quelli indiciati all'art. 146 c.c.i., qualora la loro liquidazione possa comportare un vantaggio per i creditori. Nei beni oggetto di spossessamento rientrano sia le res materiali che le res immateriali suscettibili di valutazione economica e, dunque, di liquidazione, ma anche le situazioni giuridiche soggettive attive dalle quali può derivare un'utilità economica per i creditori concorsuali.
Il comma 2 disciplina i limiti dell'apprensione all'attivo fallimentare dei beni pervenuti al debitore dopo la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.
L'effetto di cristallizzazione riguarda il passivo, ossia l'insieme dei debiti dell'imprenditore il cui patrimonio sia sottoposto a liquidazione giudiziale, restando invece escluso l'attivo, che può essere costituito anche da beni che sopravvengono rispetto alla dichiarazione di apertura della procedura concorsuale.
Infine, la norma prevede un bilanciamento tra vantaggi e svantaggi derivanti dallo spossessamento dei beni del debitore: l'ultimo comma specifica, infatti, che il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunciare ad acquisire i beni del debitore qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione si rivelino maggiori rispetto al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.