La norma individua i presupposti affinché possa essere pronunciato l'annullamento
del concordato preventivo omologato. L'annullamento, se pronunciato, determina la caducazione retroattiva degli effetti derivanti dall'omologazione del concordato preventivo.
Ciò comporta che vengano meno gli effetti esdebitatori prodottisi nei confronti dei creditori, pur rimanendo validi ed efficaci:
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i pagamenti effettuati in corso di procedura nel rispetto della par condicio creditorum ed in conformità al piano ed alla proposta (in una successiva procedura di liquidazione giudiziale, dunque, tali atti non sono soggetti a revocatoria)
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gli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura (si pensi alle vendite)
Sul piano processuale, poi, la risoluzione autorizza il Tribunale a disporre contestualmente l'apertura della procedura di
liquidazione giudiziale, laddove ricorrano i relativi presupposti soggettivi ed oggettivi.
Il presupposto dell'annullamento, a differenza della risoluzione (art. 119), può dirsi integrato innanzi a condotte
dolose del debitore dirette ad
alterare, aumentandolo a dismisura, il volume del
passivo oppure a ridurre, mediante
distrazione o dissimulazione dell'attivo, la garanzia patrimoniale.
Tra i legittimati attivi, la norma ricomprende i creditori e il commissario giudiziale, i quali possono proporre ricorso entro
6 mesi dalla scoperta del dolo, ferma restando l'improponibilità della domanda una volta trascorsi
2 anni dal compimento dell'ultimo atto con il quale si è data esecuzione al concordato (oltre questo termine, peraltro, non potrà essere esercitata altra azione diretta a contestare la validità del concordato).