Cass. civ. n. 13860/2015
La disciplina di cui all'art. 915 cod. civ., in tema di riparazione o ricostruzione delle sponde e degli argini che servono "di ritegno alle acque", si applica anche per i laghi, non essendo questi ultimi privi di sponda e di argine, ed attesa l'assenza di qualsivoglia distinzione, nella suddetta disposizione, tra acque lacuali o fluviali.
Cass. civ. n. 3882/1981
... legittimato passivo rispetto all'azione esperita dal vicino confinante ai sensi delle norme citate è il proprietario del fondo in questione, e non l'affittuario, soggetto unicamente, ricorrendone le condizioni, alla rivalsa nei confronti del proprietario.
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Ai sensi dell'art. 915 c.c., ove la distruzione di un argine che serviva di ritegno alle acque sia imputabile al proprietario del fondo in cui esso insisteva ed il medesimo non provveda alla ricostruzione (come, uti dominus potrebbe fare), ben possono provvedervi (con suo obbligo, per intanto, di consentire) gli altri proprietari interessati, nel qual caso la spesa relativa grava totalmente, in forza del successivo art. 917, sul predetto proprietario. Pertanto, di fronte ad una domanda di condanna di quest'ultimo alla ricostruzione dell'argine, la pronunzia può essere limitata alla condanna a sostenere le spese necessarie per la riparazione, senza che al riguardo si configuri il vizio di extrapetizione, trattandosi di pretesa per implicito contenuta nell'espressa più ampia richiesta di ricostruzione.
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La disciplina degli artt. 915, 916 e 917 c.c. in tema di riparazione o ricostruzione delle sponde e degli argini che servono «di ritegno alle acque» concerne sia i corsi naturali delle acque, sia i corsi delle acque irrigue, data la mancanza di una qualsiasi specificazione e considerata la ratio delle disposizioni citate, identificabile esclusivamente nell'esigenza di impedire che le acque, defluenti per qualunque motivo ed in qualunque momento nei canali o nei fossi di un fondo, tracimino, per il cattivo stato di manutenzione delle sponde o degli argini, nel fondo confinante.