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Articolo 683 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Testamento posteriore inefficace

Dispositivo dell'art. 683 Codice Civile

La revocazione fatta con un testamento posteriore [682 c.c.] conserva la sua efficacia anche quando questo rimane senza effetto perché l'erede istituito o il legatario è premorto al testatore, o è incapace [592 ss. c.c.] o indegno [463 ss. c.c.], ovvero ha rinunziato all'eredità [519 c.c.] o al legato [649 c.c.] (1).

Note

(1) L'elencazione non è da considerarsi tassativa. La norma si applica, per esempio, anche nel caso di disposizione nulla per indeterminatezza del beneficiato, di commorienza, di assenza o morte presunta, ecc.

Ratio Legis

La norma presume che, se il testatore fosse stato a conoscenza dell'inefficacia del testamento successivo, avrebbe voluto la reviviscenza di quello anteriore.

Spiegazione dell'art. 683 Codice Civile

Nel riprodurre la disposizione di cui all’art. #921# del vecchio codice del 1865, l’art. 683 ne ha migliorato il testo dal punto di vista formale, ed ha completato la disposizione medesima, col richiamo espresso dell'indegnità, accanto all'incapacità. In sostanza, l’enumerazione deve sempre ritenersi esemplificativa, poiché la ragione della norma è evidente: il testamento posteriore che sia valido, paralizzerà quello anteriore, anche se non riuscirà a spiegare la sua efficacia, per quanto attiene alle disposizioni in favore dell’erede o degli eredi istituiti o dei legatari designati.

Massime relative all'art. 683 Codice Civile

Cass. civ. n. 8031/2019

La cancellazione del testamento (operata, nella specie, sbarrando a penna il documento nella sua interezza) si configura, al pari della distruzione, come un comportamento concludente avente valore legale, riconducibile in via presuntiva al testatore quale negozio di attuazione e che deve essere giuridicamente qualificato, alla luce dell'art. 684 c.c., revoca tacita del detto testamento. Ne consegue che, qualora ad essere cancellato sia un testamento successivo, contenente la revoca di quello precedente, non trova applicazione l'art. 683 c.c., per il quale, nelle ipotesi dallo stesso indicate, la revocazione fatta con un testamento posteriore conserva la sua efficacia anche quando questo resta senza effetto, ma l'art. 681 c.c., che disciplina il diverso caso della revocazione della revocazione, stabilendo che, in tale eventualità, le disposizioni revocate rivivono.

L'individuazione dei casi di inefficacia del testamento posteriore contenuta nell'art. 683 c.c. non ha carattere tassativo, potendo tale inefficacia estendersi anche ad ipotesi non previste dalla norma, purché la nuova disposizione attributiva non abbia effetto per ragioni attinenti all'onorato e non per cause diverse.

L'art. 681 c.c. impone la forma espressa per le sole ipotesi di revoca della revoca del testamento diverse dalla soppressione o alterazione del documento-olografo, le quali ultime rappresentano tipologie "sui generis" di revoca che sono disciplinate dall'art. 684 c.c. e che, pur essendo tacite, si caratterizzano per l'idoneità a "togliere" la veste documentale alla precedente revoca.

Cass. civ. n. 27161/2017

La persistenza, ex art. 683 c.c, dell'effetto di revoca delle precedenti disposizioni testamentarie incompatibili, in presenza di un successivo testamento dichiarato inefficace, non opera allorché quest'ultimo sia annullato per incapacità naturale del testatore, difettando in tal caso una valida espressione della volontà testamentaria, che possa consentire il riscontro dell'incompatibilità tra vecchie volontà del "de cuius" e nuove disposizioni, frutto di un procedimento cognitivo e volitivo inficiato a monte dalla patologia psichica.

Cass. civ. n. 12098/2005

Poiché il testamento olografo può essere revocato dal testatore anche mediante distruzione o lacerazione (art. 684 c.c.), il suo mancato reperimento giustifica la presunzione che il de cuius lo abbia revocato, distruggendolo deliberatamente, con la conseguenza che per vincere tale presunzione occorre provare o che la scheda testamentaria esisteva ancora al momento dell'apertura della successione e che quindi la sua irreperibilità non può farsi risalire al testatore, oppure che quest'ultimo, benché autore materiale della distruzione, non era animato da volontà di revoca.

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