Concetto giuridico della legittima difesa
La norma è nuova, ma risponde ad una concezione già insita nella coscienza dei popoli, affermata dai giuristi, riconosciuta dalla giurisprudenza.
Necessitas inevitabilis, che importa la indagine della esistenza del diritto di difesa quando l'aggredito possa sottrarsi alla violenza, se alla persona, con la fuga, risolvendosi il dubbio affermativamente, per complesse considerazioni di ordine morale e giuridico, sulle quali, perché ovvie, non è il caso di fermarsi: si intende che
con la fuga non va confuso il comodo allontanamento.
Il concetto del
vim vi repellere licet è antichissimo. È il principio dell'
auctoritas monastica che trova applicazione: ove sussiste un diritto è consentita la difesa dalla offesa ingiusta, quando il singolo si trovi in condizione di non poter ricorrere, senza pregiudizio del diritto minacciato, all'ente sociale. Si dice «
senza pregiudizio del diritto minacciato » perché la difesa legittima opera contro un pericolo di lesione di diritto, e mira ad evitare il danno, ma non reintegra un diritto leso: chi uccide l'aggressore che sta attentando a la sua vita, in condizioni di fatto tali che appaia che solo in tal guisa possa sottrarsi al pericolo opera in istato di legittima difesa. Non così chi uccide o ferisce l'aggressore che già gli ha cagionato il danno, e si allontana. Qui trattasi di reazione per un diritto già leso.
Sono variati, nei tempi, i
limiti di estensione del diritto di difesa. Oggi questa si intende applicabile a tutti i diritti: chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difenderà « un diritto proprio od altrui » contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata alla offesa. Il codice Zanardelli ne restringeva invece il concetto alla necessità di respingere «
da sé o da altri » una violenza attuale ed ingiusta, onde apparve doversi limitare l'applicazione alla sola difesa della persona, vita, integrità personale, cui si estese la difesa dell'onore sessuale. Oggi non è neppure necessaria una «
aggressione » al diritto, basta un'offesa che contrasti il diritto (ingiusta).
Né, in tema di difesa, occorre che l'uomo agisca da insensato, ed erra chi crede che il timore, la preoccupazione siano la ragione della non perseguibilità, e che la società si ritenga lesa dal fatto, ma mandi impunito l'agente in considerazione dello stato subbiettivo di lui. Occorre ben fermare il principio secondo cui quando ricorrono le condizioni oggettive fermate dalla legge, l'ordine pubblico non deve considerarsi turbato, venendo l'agente costituito, per espresso dettato di legge, arbitro della situazione.
Ragione della irresponsabilità per danni e limiti
L'atto di difesa non costituisce un illecito giuridico, onde
non genera obbligo di indennizzo. È l’atto antigiuridico dell’aggressore che crea quel danno che la difesa necessita. Se nel fatto si ravvisa una ragione di responsabilità non è questa dalla parte di chi si difende, ma di chi offende, onde se l'aggressore sia già riuscito a cagionare un danno, per essersi la reazione dell'offeso esplicata quando già un danno gli sia venuto, ed al fine 'di evitarne altro maggiore imminente, il pregiudizio già arrecato dallo aggressore è risarcibile, mentre non è indennizzabile quello nel quale si concreta il mezzo ed il modo per respingere la violenza stessa.
Per le interferenze che passano più che altrove
in subiecta materia tra la legge penale e la civile, perché questa trae proprio dall'altra la nozione del diritto di difesa, occorre rilevare che nel codice Rocco per aversi lo stato di difesa; agli effetti della impunità, è necessario che essa sia «
proporzionata » alla offesa. È ovvio che quando questa proporzione non sussista, poiché versasi fuori i limiti della difesa, il fatto dovrà considerarsi pure «
civilmente illecito ». Si è discusso sul modo di interpretare la proposizione, ed appare che vada intesa nel senso che per la determinazione della «
proporzionalità » debba tenersi presente non solo la entità della offesa, ma anche la entità del diritto che si vuole difendere. La relazione ministeriale che accompagna il testo della legge non accoglie peraltro tale concetto, e pure rilevandosi che talvolta anche l' importanza dell' interesse da difendere possa costituire un elemento per giudicare della gravità della offesa si conclude che esso non è elemento essenziale, dovendosi considerare soprattutto la entità della offesa più che l' interesse che si voglia proteggere, il che non convince.
Ed ancora: l'
art. 52 del c.p. vigente parla di non punibilità quando il fatto sia commesso perché l'agente vi sia stato costretto dalla necessità di difendere un
« diritto » proprio od altrui, senza limitazioni di sorta sulla natura del diritto. L'art. 49 del codice Zanardelli, invece, si esprime in maniera limitativa: non è punibile colui che ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di respingere «
da sè o da altri » una violenza attuale ed ingiusta. Che nel «
sé » venga compresa, oltre la vita e la integrità personale, anche l'onore sessuale non pub discutersi, e si forme, larga letteratura al riguardo; il dubbio sorse per la difesa bei beni patrimoniali praticata nell'atto dell'aggressione, che non apparve compresa, anche tenuto conto della disposizione dell'art. 376 che riconobbe la legittimità della difesa quando con i beni correva pericolo anche la persona: dicasi lo stesso per la difesa all’altro diritto.
L'art. 2044 del codice civile vigente non si riporta alla locuzione della legittima difesa quale dettata dal codice penale Rocco, ma a quella dell'abrogato sistema, e parla anch'esso esplicitamente di legittima difesa di sé o di altri.
Sorge pertanto dubbio se debba ritenersi risarcibile il danno cagionato in stato di difesa, ma per la difesa dei beni, o di altro diritto che non si attenga alla persona. Le discussioni parlamentari non offrono alcun elemento per la risoluzione di esso, né si dice se deliberatamente alla locuzione più recente che dà, della legittima difesa ampia nozione si sia sostituita l'altra che suona ritorno all'antico.
Ora se si considera che non sembra ammissibile che si voglia dare nel codice civile una nozione sorpassata della legittima difesa, se si consideri soprattutto che anche se nel codice delle obbligazioni non fosse stata enunciata la irresponsabilità per il danno cagionato in stato di difesa, questa sarebbe derivata dalle norme generali per le quali non vi è colpa quando l'operato di alcuno sia la conseguenza necessaria dell'operato doloso altrui, appare più consono concludere che se pure il diritto non sia attinente alla persona l'atto di difesa non generi responsabilità civile.
Eccesso di difesa
Per quanto concerne l'eccesso di difesa, si osserva che qui la ragione della responsabilità risiede proprio nella colpa. Quando ricorra eccesso già si è detto, ma bisogna aggiungere che nella interpretazione della legge civile è necessario discostarsi alquanto dalla interpretazione della legge penale. Per questa la perseguibilità dei fatti colposi è di eccezione, e si restringe alle ipotesi espressamente previste.
Ora può bene avvenire che nella difesa si ecceda colposamente, ma il fatto non sia preveduto dalla legge penale come delitto colposo: la ragione di non punibilità agli effetti del sindacato penale non esclude che riconoscendosi una colpa si debba ritenere risarcibile il danno. Un esempio chiarirà il principio: se alcuno eccedendo nella difesa di un suo diritto provochi un danneggiamento al fondo altrui non potrà essere perseguito penalmente perché la legge penale non ammette il danneggiamento colposo, ma sarà tuttavia tenuto, in sede civile, a risarcire il pregiudizio arrecato