Autonomia e funzione dell'istituto
Il sequestro convenzionale, nella inquadratura del codice civile in vigore, ha conseguito più compiuta autonomia dal contratto di deposito. I due Capi, XII «Del deposito » e XIII « Del sequestro convenzionale», non sono né sostanzialmente riaddotti ad una unica costruzione concettuale, né formalmente dipendono da una precedente intitolazione in comune.
Autonomia il sequestro convenzionale ha acquistato anche nei riguardi del sequestro giudiziario, la cui disciplina dal legislatore del codice del '42 è stata tutta trasportata nel cod. proc. civ.
A questo rafforzamento concettuale e formale dell'istituto del sequestro convenzionale, fa contrappeso la sua scarsa importanza pratica. Nei repertori e massimari di giurisprudenza le decisioni in tema di sequestro convenzionale si contano sulle dita, anche risalendo indietro per parecchi anni.
Qualche legislatore moderno ha addirittura omesso qualsiasi disposizione sull'istituto (ad es. il codice germanico e quello brasiliano) mentre altri vi dedica solo un magro articolo.
Nel diritto romano il sequestro convenzionale era considerato una sottospecie del deposito. La sussistenza, anche in diritto romano, di una sequestratio necessaria (giudiziale), lo sviluppo assunto nel diritto comune, sotto prevalente influenza germanica, dell'istituto del sequestro per ordine dell'autorità giudiziaria, esteso anche a garanzia di crediti e pretese personali, non potevano peraltro non spiegare un'attrazione sull'istituto del sequestro convenzionale, sottraendolo a un completo assorbimento nello schema del deposito.
L'influenza è stata reciproca. Da una parte, la figura contrattuale del deposito si scisse nelle due specie del deposito propriamente detto e del sequestro; dall'altra il sequestro giudiziario, o per lo meno alcuni aspetti di tale istituto, nonostante la sua fonte processuale, furono considerati dal diritto privato come forme di deposito, insieme al sequestro convenzionale.
Ne consegue la situazione del codice napoleonico del 1803 (art. 1956), ripresa quasi letteralmente dai codici degli Stati italiani e da quello unitario del 1865.
Secondo quest'ultimo, vi sono due specie di deposito: il deposito propriamente detto e il sequestro (art. 1836) e due specie di sequestro (art. 1869): il sequestro convenzionale e il sequestro giudiziale. Quest'ultimo, detto anche deposito giudiziario, è regolato in detto codice (art. 1875) «oltre ai casi stabiliti dal codice di procedura civile». Solo il codice di rito regolò invece it sequestro conservativo.
Il codice attualmente in vigore, disciplinando in completa autonomia formale il sequestro convenzionale, sia nei riguardi del deposito, sia nei riguardi dei sequestri processuali, ne chiarifica ed accentua gli elementi caratteristici.
Il sequestro convenzionale si differenzia dal deposito per lo scopo cautelare nei riguardi dell'esito di una controversia, sorta in ordine alla proprietà o al possesso di una determinate cosa. È una cautela diversa dallo scopo di custodia puramente materiale del deposito. Da quest'ultimo il sequestro convenzionale si distacca pure perché può avere per oggetto sia mobili che immobili (mentre invece non si può avere deposito di immobili: art. 1766), e perché è un contratto naturalmente oneroso put ammettendo convenzione contraria (mentre invece il deposito è un contratto naturalmente gratuito, salva diversa volontà contrattuale espressa o tacita art. 1767).
Il sequestro convenzionale si differenzia dai sequestri, giudiziario e conservativo, per la fonte, che è contrattuale e non giudiziale e per la conseguente diversa disciplina. Ma certamente mantiene legami assai stretti con tali istituti, sopratutto con il sequestro giudiziario, con il quale ha sostanzialmente comuni gli elementi che lo differenziano da quello conservativo. Lo scopo cautelare del sequestro convenzionale è, nonostante la sua fonte privata, soprattutto in funzione processuale, poiché, con la conservazione della cosa, cautelata fino a quando la controversia sarà finita, assicura, se interverrà il processo, il buon esito dello stesso. Molti dubbi o problemi pratici che possono sorgere in ordine al sequestro convenzionale ricevono naturale soluzione tenendo conto della identità di funzioni dei due istituti e della complementarità delle loro fonti.
Stretti legami il sequestro convenzionale conserva, naturalmente, anche con il deposito: dal punto di vista pratico è essenziale a questo proposito l'estensione al sequestratario delle norme del deposito per quanto ha attinenza alla custodia della cosa affidatagli. Ma dove il legame si fa particolarmente stretto, tanto da poter dar adito alla confusione, è con due particolari figure di deposito e precisamente:
a) con quella prevista dall'art. 1772, 1°comma: deposito con pluralità di depositanti. In questa ipotesi è comune al deposito un elemento che, dalla definizione del codice, apparirebbe essenziale al s.c., consistente nella pluralità di coloro che affidano la cosa al terzo per la custodia. Spesso il s.c. viene appunto definito come un deposito cumulativo, con solidarietà dei depositanti. La differenza è data dalla mancanza, nel deposito cumulativo, del presupposto della controversia e, perciò dello scopo cautelare rispetto a questa. In vista di tale scopo il sequestro non appare fatto nell'interesse cumulativo dei depositanti, ma in quello individuale di colui che riuscirà vincitore della controversia. Certo che, se una controversia tra i depositanti sorga dopo il deposito cumulativo, ed abbia per oggetto la restituzione della cosa, la disposizione dell'art. 1772, secondo cui essa dovrà farsi, in tal caso, secondo le modalità stabilite dall'autorità giudiziale, non può che significare che il deposito si è trasformato in sequestro;
b) con quella prevista dall'art. 1773: deposito effettuato anche nell'interesse di un terzo. In questo caso all'inizio non vi è una pluralità di soggetti attivi, ma viene considerata una pluralità di interessi attivi (quello del depositante e quello del terzo), dei quali anche l'ultimo viene tutelato dalla, legge, quando il suo soggetto abbia fatto conoscere la propria adesione al depositante e al depositario.
Quando ciò sia intervenuto, la fattispecie considerata dall'art. 1773 viene riassorbita, agli effetti pratici, da quella considerata dal precedente art. 1772, di una pluralità di depositanti, senza il cui solidale consenso il depositario non può restituire la cosa ad uno di essi, con ulteriore possibile conseguenza, che abbiamo considerato sub a), di una successiva trasformazione della situazione, in caso di insorgente disaccordo per la restituzione, in sequestro. Fino a che punto arrivasse l'intenzione del depositante di prevedere questa trasformazione nell'interesse del terzo, è delicata indagine di fatto da compiersi caso per caso. Essa può portare al risultato di riscontrare, fin dall'inizio la figura di un sequestro volontario per atto di un solo depositante, fatto nell'interesse anche del terzo.
Struttura e caratteri
a) La definizione offerta dal codice del s. c. si riferisce al contratto intercorrente tra i sequestranti ed il sequestratario. Il codice non sembra percepire l'esistenza di un negozio preliminare, che interviene unicamente tra i sequestranti e con il quale il successivo contratto è in nesso di continuità o sequenza.
Questo primo negozio, specie di receptum custodis, è rappresentato dalla convenzione in virtù della quale le parti si impegnano ad affidare l'oggetto della controversia durante la pendenza della stessa ad un terzo sequestratario ai fini di cui all'art. 1798.
A questo negozio preliminare la volontà del terzo rimane estranea. Si incontrano le sole volontà delle parti, in un accordo per il raggiungimento di uno scopo comune valutato nell'interesse di colui cui spetterà la cosa. A seconda della situazione di fatto sottostante, in ordine al possesso della cosa al momento dell'accordo, si accompagnerà allo stesso o la rinuncia al possesso effettuata da quella delle parti che lo ha, o una transazione cautelare sul possesso medesimo, caratterizzata dallo scopo di assicurare una sistemazione provvisoria del possesso in pendenza della lite.
L'accordo tra i sequestranti produce effetto col semplice consenso, né abbisogna di forma scritta. Ne sorge il diritto di ciascuno stipulante di pretendere che l'altro si presti all' attuazione del contratto con il terzo sequestratario.
È un diritto alla cautela, non ancora una situazione di garanzia; la quale verrà raggiunta solo con il soddisfacimento di quel diritto. Il diritto della cautela, che sorge dall'accordo preliminare, è limitato a ciascuno degli stipulanti; non spetta al terzo eventualmente indicato come sequestratario, che non ha alcun potere di pretendere l'adempimento, perché il negozio non è stato stipulato a suo favore.
Nel caso che una parte non si presti all'adempimento dell'obbligo assunto, potrà l'altra ricorrere all'esecuzione forzata, previa sentenza esecutiva di condanna alla consegna o al rilascio?
Non riteniamo possibile l'esecuzione forzata per consegna o rilascio di cui all'art. 2930 cod. civ., perché la controparte non può legittimarsi come «avente diritto» alla consegna, dal momento che del possesso, dovrebbe essere investito il sequestratario. Quest'ultimo, d'altra parte, non ha diritto all'adempimento dell'obbligo cautelare, né perciò azione in proposito.
Nemmeno è da ritenere sia il caso di parlare dell'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di cui all'art. 2932 cod. civ. Il contratto infatti sarebbe da concludere anche con il terzo sequestratario ed è difficile pensare al gioco di una sentenza la cui volontà giudiziale si inserisca nel contratto accanto alla volontà del terzo sequestratario per sostituire la volontà dell'altra parte inadempiente. Senza contare che, trattandosi di un contratto reale, la sentenza non potrebbe conseguire il risultato della tradizione della cosa.
Il ricorso ai procedimenti comuni di cognizione ed esecuzione non si accorda alla materia cautelare e, a ben vedere, costituirebbe, anche se possibile, un ingombro superfluo, dal momento che la soluzione più congrua e più opportuna è offerta non dal processo ordinario ma dal processo cautelare.
Invero l'inadempimento alla convenzione cautelare ben può giustificare la richiesta e la concessione della equivalente misura processuale costituita dal sequestro giudiziale a norma dell'art. 670 cod. proc. civ., n. I. Ne concorreranno i presupposti: esistenza di una controversia circa l'oggetto da sequestrare ed opportunità di provvedere alla custodia, in relazione al constatato inadempimento della controparte.
b) Il negozio in nesso di continuità con quello precedente tra i sequestranti, ed al quale il codice riserva la qualifica di sequestro convenzionale, si perfeziona con la consegna della cosa da parte dei sequestranti al sequestratario. È pertanto contratto reale. Anch'esso non abbisogna di forma scritta. È contratto bilaterale, commutativo e presunto oneroso, tra i sequestranti (da una parte) ed il sequestratario dall'altra, avente ad oggetto, consegnata la cosa, lo scambio fra la prestazione dell'attività di custodia da parte del sequestratario e la retribuzione dovuta a quest'ultimo dai sequestranti, qualora non sia esclusa da diversa pattuizione. Questa ultima comporta, invece, un contratto unilaterale con obbligazione di una sola delle parti: il sequestratario, e senza onerosità.
c) Il codice civile attuale, come quello del 1865, a differenza dal codice francese, mette in evidenza che l'affidamento della cosa al sequestratario deve essere fatto da almeno due persone.
In realtà è da osservare che, da un punto di vista di fatto, nulla impedisce che il solo possessore della cosa in controversia depositi volontariamente la cosa stessa presso un terzo affidandogli i poteri e le funzioni del sequestratario fino ad esito della lite. Perché tale scopo di cautela, in ordine alla controversia, sia inserito nella causa dell'atto n'è sufficiente la coscienza e la volontà, sia nel sequestrante che nel sequestratario. Perché poi produca l'effetto giuridico proprio del sequestro, che è quello di impedire che il depositante possa ritirare l'oggetto ad libitum, basterà che la controparte, dichiarando di volere approfittare della stipulazione, faccia giocare la norma dell'art. 1411 relativa alla irrevocabilità del contratto a favore di terzi.
Non dunque il sequestro convenzionale deve essere effettuato da più sequestranti (poiché la sua causa è semplicemente quella di assicurare la cosa al futuro vincitore della lite), ma ne è un presupposto, una controversia tra più persone. Onde, se il deposito è fatto da una sola di esse a quello scopo, ogni altro contendente, identificandosi potenzialmente con quel vincitore, ha diritto di rivendicare il proprio vantaggio notificando la propria volontà di profittare del sequestro e rendendolo operativo di pieni effetti giuridici, anche se convenzione obbligatoria tra i contendenti o deposito solidale non vi siano stati.
Infatti il sequestro convenzionale, anche nella sua forma normale, molto si approssima alla categoria dei contratti a favore di terzi: i sequestranti all'atto della stipulazione agiscono, ciascuno, non nel proprio individuale interesse, né per quello solidale di tutti: ma per quello di colui che sarà per risultare vincitore, incerto al momento della stipulazione.
Se pure configurabile come contratto a favore di terzo, il s. c. non lo può però essere al di fuori dei limiti della volontà da cui trae origine. Esso vale, cioè, a favore di quel soggetto, attualmente incerto, che sia o identificato con uno dei sequestranti o espressamente predeterminato anche al di fuori della loro cerchia. Occorrerà caso per caso l'indagine della volontà negoziale. L'affidamento della cosa al sequestratario compiuto da una parte nei confronti di un determinato contendente, o da più parti esclusivamente per il loro reciproco rapporto, non conferisce alcun diritto a un terzo che intervenga successivamente nella controversia, anche se proprio egli ne risulterà vincitore.
La cautela deve avere una propria fonte, volontaria o giudiziale, e non può discendere a favore di alcuno, senza una volontà espressa nell'atto della sua costituzione.