Cass. civ. n. 19769/2003
In tema di responsabilità per le cose portate in albergo, venuta a mancare la restituzione della cosa per fatto imputabile al depositario (nella specie: per furto notturno mediante narcosi indotta da ignoti), sorge, a carico di quest'ultimo, l'obbligazione del risarcimento del danno, intesa — trattandosi di obbligazione di valore — a rimettere il depositante nella stessa condizione economica in cui si sarebbe trovato se la restituzione in natura fosse stata eseguita, il che implica la rivalutazione dell'equivalente pecuniario del bene sottratto fino alla data della decisione definitiva; qualora invece la cosa depositata in albergo costituisca una somma di danaro, l'inadempimento dell'obbligo contrattuale di custodire e restituire la stessa somma di denaro non trasforma una tipica obbligazione pecuniaria in un'obbligazione di valore, sicché il regime del risarcimento dei danni è regolato dall'art. 1224 c.c., a norma del quale sono dovuti i soli interessi legali, mentre il maggior danno rispetto a detti interessi (eventualmente da svalutazione) è dovuto solo se provato e nei limiti in cui eccede quanto coperto dagli interessi legali.
Cass. civ. n. 18651/2003
In analogia a quanto si verifica in tema di responsabilità del vettore per la perdita delle cose consegnategli per il trasporto qualora le stesse vengano sottratte a causa di una rapina, anche la sottrazione con violenza o minaccia delle cose depositate dal cliente in albergo può imputarsi alla forza maggiore, idonea ad escludere la responsabilità dell'albergatore, solo quando le comprovate circostanze di tempo e di luogo in cui la sottrazione stessa ebbe a verificarsi siano state tali da renderla assolutamente imprevedibile ed inevitabile.
Cass. civ. n. 1537/1997
Il giudice di merito, onde affermare la responsabilità illimitata dell'albergatore ai sensi dell'art. 1784 c.c. - o dei soggetti ad esso equiparati dall'art. 1786 c.c. - deve accertare se il cliente, indipendentemente da una specifica dichiarazione negoziale, per le modalità e il contesto in cui ha consegnato la cosa al gestore dell'esercizio o ai suoi dipendenti, ha inteso affidarlo alla loro custodia o invece se essi si sono limitati a prestargli una cortesia conforme agli usi, nel qual caso la responsabilità è quella limitata, prevista dall'art. 1783 c.c. (Nella specie il cameriere di un ristorante, sprovvisto di guardaroba, aveva appeso la pelliccia - poi sparita - di una cliente ad un appendiabiti; la Suprema Corte, nel cassare la ritenuta responsabilità
ex art. 1784 c.c., ha affermato l'equivocità della circostanza ai fini dell'affidamento del bene in custodia al gestore, potendo invece essa restare nella sfera di controllo e disponibilità del cliente, anche avuto riguardo al luogo ove l'appendiabiti è situato).
Cass. civ. n. 2475/1991
In tema di responsabilità degli albergatori per le cose portate in albergo dai clienti sia l'art. 1784 c.c., nel testo modificato dalla L. del 15 febbraio 1977, n. 35 sia il vigente art. 1783 nel testo modificato con L. 15 giugno 1978, n. 316, che ha reso esecutiva la Convenzione di Parigi 17 dicembre 1972, assumendo come parametro di riferimento per la limitazione di detta responsabilità il prezzo della locazione dell'alloggio per giornata, intendono con la formulazione anzidetta il corrispettivo del godimento della camera occupata dal cliente temporaneamente e della somministrazione di quei servizi accessori, ma assolutamente indispensabili per usufruire della stessa, in condizioni di normalità. Tuttavia ove l'albergatore pattuisca con il cliente sin dall'origine un prezzo giornaliero nel quale siano comprese indistintamente sia la prestazione della camera, sia quella di ulteriori servizi che, pur potendo essere semplicemente offerti, siano invece assunti negozialmente come imprescindibili condizioni dell'alloggio, venendo perciò ad assumere carattere di obbligatorietà nei confronti del cliente, sì da connaturare il rapporto secondo uno schema concettualmente diverso, il parametro legale deve corrispondere al prezzo globale (nella specie il prezzo globalmente pattuito era comprensivo del corrispettivo dell'alloggio e dei pasti).
Cass. civ. n. 12120/1990
In tema di responsabilità dell'albergatore ex recepto per mancata restituzione di cose consegnategli dal cliente il rinvio fatto dall'art. 1768 c.c., al principio della diligenza del buon padre di famiglia comporta la ricezione dei canoni generali di cui all'art. 1176 c.c. nella loro interezza, nel senso che, avvenendo il deposito della cosa nelle mani dell'albergatore in dipendenza della conclusione del contratto di albergo, la diligenza da lui dovuta deve essere valutata con riguardo alla natura dell'attività esercitata, cioè tenendo presente non soltanto l'ordinaria previgenza e cautela dell'uomo medio ma altresì il comportamento che relativamente alla custodia delle cose ricevute in consegna viene comunemente praticato da parte di coloro che esercitano la medesima professione (albergatori), e così senza potersi prescindere dal valore della res consegnata nonché della categoria, importanza e condizioni di gestione dell'albergo. (Nella specie, la Corte Suprema in base all'enunciato principio ha confermato la decisione del merito che aveva ritenuto non corrispondente a doverosa diligenza nella custodia di gioielli la usuale conservazione delle chiavi della cassaforte nel bancone del portiere).
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In tema di responsabilità ex recepto dell'albergatore per mancata restituzione di cose consegnate in custodia nel vigore del testo originario dell'art. 1783 c.c., la prova della non imputabilità della sottrazione della cosa ricevuta in custodia incombe, ex artt. 1218 e 1780 c.c., sull'albergatore-depositario, il quale è liberato soltanto se dimostri, al di là dei modi più o meno congrui prescelti per la custodia, l'assoluta mancanza di colpa nell'adempimento della custodia e così la inevitabilità dell'evento nonostante l'impiego della diligenza richiesta, giacché la consegna ha lo scopo di attivare una specifica obbligazione del depositario volta a tutelare la conservazione della cosa, a stornare cioè, nei limiti del possibile, il pericolo della sua perdita o sottrazione ad opera di terzi, riducendo i correlativi rischi a carico del depositante. Pertanto anche la sottrazione, compiuta con violenza o con minaccia, delle cose consegnate all'albergatore può qualificarsi come fortuito o forza maggiore a lui non imputabile, in quanto le comprovate circostanze di tempo e di luogo in cui la sottrazione stessa ebbe a verificarsi siano state tali da renderla assolutamente imprevedibile ed inevitabile.
Cass. civ. n. 213/1988
La consegna della cosa al gestore d'un albergo o di esercizi ad esso equiparati - ovvero ai suoi dipendenti - è qualificabile come consegna in custodia, al fine della responsabilità illimitata verso il cliente per sottrazione o deterioramento, secondo la disciplina degli artt. 1783 e ss. c.c. (nel testo in vigore prima delle modifiche introdotte dall'art. 3 della L. 3 giugno 1978, n. 316) qualora avvenga in un contesto e con modalità che ne dimostrino inequivocabilmente la finalità di custodia, mentre restano, a tal fine, irrilevanti sia la mancata estrinsecazione di tale finalità in un'espressa dichiarazione negoziale sia la mancata consegna delle chiavi. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la C.S. ha confermato la decisione della corte di merito, la quale aveva affermato la responsabilità illimitata del gestore d'un campeggio per il collocamento in esso d'una
roulotte, ritenendo che nel caso concreto la finalità di custodia nonché l'avvenuta consegna era obiettivamente dimostrata dalle modalità di conferimento del veicolo e dalla struttura, ubicazione e modalità di esercizio del campeggio.