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Articolo 1762 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Contraente non nominato

Dispositivo dell'art. 1762 Codice Civile

Il mediatore che non manifesta a un contraente il nome dell'altro risponde dell'esecuzione del contratto[1405] e, quando lo ha eseguito [1401], subentra nei diritti verso il contraente non nominato [1203 n. 5](1).

Se dopo la conclusione del contratto il contraente non nominato si manifesta all'altra parte o è nominato dal mediatore, ciascuno dei contraenti può agire direttamente contro l'altro, ferma restando la responsabilità del mediatore.

Note

(1) La dottrina è divisa sulla ricostruzione di tale ipotesi. Secondo alcuni si tratta di contratto per persona da nominare, nel quale il mediatore è parte finchè non si ha la electio amici (1401 ss. c.c.). Secondo altri il mediatore è solo un garante dell'esecuzione del contratto, di cui non diventa parte.

Ratio Legis

Il mediatore ha facoltà di non rendere noto ad uno dei contraenti il nome dell'altro in quanto egli non ne è un rappresentante; tuttavia, in tal caso ne sopporta le conseguenze (a salvaguardia della posizione del contraente), secondo un'impostazione dibattuta in dottrina tra la tesi del contratto a favore di terzo e quella del mero garante.

Spiegazione dell'art. 1762 Codice Civile

Facoltà del mediatore di tacere il nome di alcuno o di tutti i contraenti. Anche in tale ipotesi il mediatore conserva la sua qualità. Intervento nella conclusione del contratto principale. Garanzia per l'esecuzione. In che cosa consiste. Azione delle parti contro il mediatore. Indicazione del nome del contraente anonimo. Effetti riguardo all'intermediario

La prima parte dell'articolo, salvo un'opportuna precisazione in ordine alla surroga del mediatore che esegue il contratto, riproduce la disposizione già contenuta nell'art. 31 del codice di commercio. Nuova è, invece, la seconda parte, la quale fu inserita nel progetto compilato dalla Commissione (art. 82, 2° comma); ed è stata mantenuta anche nel progetto ministeriale (art. 101).
Con l'accordare all'intermediario la facoltà di tacere ad uno dei futuri contraenti il nome dell'altro (o reciprocamente i nomi di entrambi), i compilatori del codice del 1883 intesero disciplinare espressamente una questione che avevà dato luogo a discussioni nella dottrina; e che era variamente regolata nelle altre legislazioni. E, dando alla questione stessa la soluzione sopra indicata, essi si discostarono dal codice precedente, che, nell'art. 51, imponeva ai pubblici mediatori di manifestare, prima della conclusione del contratto, alla parte che ne avesse fatto domanda, il nome dell'altro, salvo il caso in cui vi fosse stata consegna immediata della cosa e del prezzo. Seguirono, invece, dando alla regola portata generale applicabile a tutti i mediatori, la via tracciata dalla legge sulle borse del 13 settembre 1876, n. 3336. Questa, nell'art. 3, stabiliva che, quando un pubblico mediatore non avesse manifestato ad un contraente il nome dell'altro, era responsabile verso il contraente medesimo, dell'esecuzione del contratto.

Anche in relazione all'art. 31, tuttavia, si agitava un'altra importante questione: quella di sapere quale figura venisse ad assumere il mediatore quando taceva il nome di alcuna o di tutte le parti, e quali i rapporti con le parti non nominate. Per molto tempo, nella dottrina italiana, con manifesta derivazione da quella francese, si seguì l'opinione che, nell'ipotesi anzidetta, l'intermediario doveva considerarsi, come un commissionario che contrattava in nome proprio, ma per conto altrui, rispetto alla parte a cui era taciuto il nome dell'altro; e, come mandatario, nei rapporti della parte non nominata.
Dopodiché prevalse il concetto che, neppure nel caso appena prospettato, il mediatore perdeva la sua qualità. Non per la lettera della disposizione contenuta nell'art. 31, che indicava come contraenti quello anonimo e quello palese; e neppure tenuto conto della ragione logica della norma, la quale non autorizzava a ritenere una così sostanziale modificazione del rapporto instaurato fra ii prosseneta e i futuri contraenti.

Alla questione il codice in vigore non ha dato risoluzione esplicita. Nella RELAZIONE però (pag. 486, n. 726) si legge che il mediatore, anche se non rivela il nome dell'altro contraente, conserva veste di intermediario e non si trasforma in diretto contraente. Si aggiunge, inoltre, che "la sua responsabilità si giustifica per la possibilità che il contraente, rimasto originariamente ignoto all'altro, non crea in questo la fiducia di un esatto adempimento".
È però da notare come, data la situazione che deriva dal tacere il nome di alcuna o di tutte le parti, il mediatore, pur restando tale, deve tuttavia intervenire necessariamente anche nella fase conclusiva del contratto. Ma poiché non perde la sua veste originaria egli vi interviene, non quale rappresentante delle parti, bensì assumendo la figura del nuncius, col riferire cioè ai contraenti la definitiva reciproca volontà. Se dunque, in questo caso, egli funziona come organo di trasmissione della volontà delle parti, ciò non può apportare alcun mutamento nella sua specifica qualità; restando quindi fermo il principio fondamentale, dominante i rapporti fra l'intermediario e le parti, che il contratto principale si conclude direttamente fra le medesime.


Diritti del mediatore. Surroga verso il contraente anonimo. Azione del mediatore contro il contraente inadempiente

Quanto al dovere incombente al mediatore, quando non manifesta ad un contraente il nome dell'altro, il primo comma dell'art. 1762 stabilisce il correlativo diritto, disponendo che: "subentra nei diritti verso il contraente non nominato". Precisando, inoltre, che la surroga si verifica nei diritti spettanti al contraente palese verso quello di cui si è taciuto il nome, si è opportunamente eliminata una grave questione, alla quale aveva dato luogo la dizione, piuttosto oscura, usata nell'art. 31 del codice di commercio abrogato. Si era, infatti, sostenuto da alcuni autori che la surrogazione si effettuasse nei diritti del contraente anonimo verso quello palese. Ma, più esattamente, la dottrina successiva si era orientata in senso opposto, in base ad esaurienti ragioni letterali e logiche accolte dal nuovo legislatore che, in questo senso, ha disposto.

Quando dunque il mediatore tace il nome di uno (o di entrambi i contraenti) non agisce né in nome proprio come commissionario, né come mandatario delle parti. Posto questo concetto, anche rispetto all'art. 1762, come pure in relazione all'art. 31, si può prospettare il quesito se, adempiendo, in base alla garanzia stabilita dalla legge, la prestazione spettante al contraente non nominato, possa a sua volta agire contro l'altro contraente o rimasto palese, o anch'esso non nominato.
Il quesito è stato risoluto affermativamente dalla Corte Suprema in varie sentenze.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1762 Codice Civile

Cass. civ. n. 29287/2018

È configurabile la cd. mediazione unilaterale, che si realizza ove, a fronte dell'attività di mediazione svolta senza vincoli di collaborazione, dipendenza o rappresentanza di una sola delle parti, sussista un rapporto di mandato ovvero il conferimento dell'incarico al mediatore ad opera di una parte di ricercare una persona interessata allo stesso affare a determinate e prestabilite condizioni.

Cass. civ. n. 809/1978

L'art. 1762 c.c., il quale stabilisce che il mediatore che non manifesta ad un contraente il nome dell'altro risponde dell'esecuzione del contratto, presuppone, come condizione per la sua operatività, l'avvenuta conclusione di un contratto per tramite del mediatore; ove, quindi, il mediatore dia per concluso un contratto che in realtà non si è perfezionato, la norma suindicata non è applicabile, pur potendo il mediatore rispondere ad altro titolo dei danni eventualmente cagionati col suo comportamento doloso o colposo, ai sensi dell'art. 1375 c.c., secondo cui il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

Cass. civ. n. 236/1973

La responsabilità ex lege del mediatore per l'esecuzione del contratto sancita dall'art. 1762 c.c., ricorre non soltanto quando il contraente, del quale il mediatore non manifesta il nome all'altro contraente, non è presente alla stipulazione del contratto, ma anche quando lo stesso è presente, senza che il mediatore ne manifesti, però, il nome durante le trattative inerenti all'affare e risulti, come conseguenza di tale situazione, che uno dei contraenti ha fatto affidamento sulla parola del mediatore; ne vale ad escludere la detta responsabilità del mediatore la circostanza che il contraente non nominato rilasci a favore del venditore un assegno per il pagamento di parte del prezzo pattuito; e ciò in quanto l'identificazione delle parti che devono concludere un contratto per interposizione del mediatore deve da questo essere manifestata in modo da mettere contraenti in condizione di conoscere tutte le circostanze, note ad esso mediatore, relative alla valutazione ed alla sicurezza dell'affare ed influenti sulla conclusione di esso e quindi, in particolare, tutte le circostanze che riflettono non solo l'identità, ma anche le qualità personali dei contraenti medesimi.

Cass. civ. n. 2370/1969

Il mediatore è pur sempre un terzo rispetto al contratto stipulato a suo mezzo, anche nella particolare ipotesi dell'art. 1762 c.c., e non si trasforma in diretto contraente neppure quando ometta di rivelare il nome dell'altro contraente.
Conseguentemente, egli non è soggetto alle limitazioni dettate dagli artt. 2721 e ss. c.c., in ordine alla prova delle convenzioni concluse per suo tramite.

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