Cass. civ. n. 14972/2007
Posto che sia l'arbitrato rituale che quello irrituale hanno natura privata, la differenza tra l'uno e l'altro tipo di arbitrato non può imperniarsi sul rilievo che con il primo le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, ma va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 cod. proc. civ., con l'osservanza del regime formale del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà (nella specie, la Corte ha qualificato rituale l'arbitrato in un caso in cui la clausola compromissoria attribuiva all'arbitro unico un potere "decisionale" sulle controversie che potessero insorgere sull'interpretazione ed esecuzione del contratto e difettava di elementi univocamente sintomatici dell'irritualità, mentre il quesito sottoposto all'arbitro faceva esplicito riferimento ad un lodo con "effetto di sentenza"). (Rigetta, App. Venezia, 26 Aprile 2004).
Cass. civ. n. 13436/2005
Si ha arbitrato irrituale o libero quando la volontà delle parti è diretta a conferire all'arbitro (o agli arbitri) il compito di definire in via negoziale le contestazioni insorte o che possono insorgere tra le parti in ordine a determinati rapporti giuridici, mediante una composizione amichevole, conciliante o transattivo - che può richiedere anche l'accertamento di circostanze di natura tecnica - o mediante un negozio di mero accertamento, riconducibili alla volontà delle parti e da valere come contratti conclusi dalle stesse, poichè queste si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà. Si ha, invece, perizia contrattuale quando le parti devolvono al terzo, o ai terzi, scelti per la loro particolare competenza tecnica, non già la risoluzione di una controversia giuridica, ma la formulazione di un apprezzamento tecnico che preventivamente si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro determinazione volitiva. La distinzione tra arbitrato irrituale e perizia contrattuale (come quella tra detti istituti e l'arbitrato rituale) va ricercata con riguardo al contenuto obiettivo del compromesso e alla volontà delle parti. La relativa indagine, pertanto, rientra esclusivamente nei poteri del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in Cassazione, se motivato congruamente e immune da errori di diritto.
Cass. civ. n. 5678/2005
Nella perizia contrattuale, la decisione dei periti è impugnabile (analogamente a quanto previsto per l'arbitrato irrituale) soltanto attraverso le tipiche azioni di annullamento e di risoluzione per inadempimento dei contratti, e non anche attraverso gli strumenti previsti dal codice di rito civile per i lodi rituali, con la conseguenza che eventuali errori "in procedendo" o "in iudicando", comprensivi della violazione dei principi della collegialità e del contraddittorio, rilevano soltanto se siano sfociati in cause di invalidità (incapacità o vizi del consenso) o di risoluzione della perizia stessa.
Cass. civ. n. 17527/2003
In tema di nomina del terzo arbitratore nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 1473 c.c., contro il provvedimento del presidente della corte d'appello, reso su reclamo avverso il decreto di nomina del presidente del tribunale ai sensi dell'art. 82 disp. att. c.c., non è esperibile il ricorso straordinario per cassazione
ex art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione avente carattere non decisorio, bensì sostitutivo della volontà negoziale delle parti; né tale carattere viene meno allorché il giudice si pronunci anche sulla contestata sussistenza dei presupposti della nomina, atteso che tale verifica non costituisce accertamento idoneo al giudicato, ma ha valenza meramente incidentale in funzione della nomina stessa, e lascia dunque impregiudicata la definizione di ogni questione in sede di giudizio contenzioso, il cui esito può anche porre nel nulla gli effetti della promuncia presidenziale. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha altresì escluso che contro il provvedimento reso in sede di reclamo, ove erroneamente qualificato dal presidente della corte d'appello «ordinanza-sentenza», sia proponibile il ricorso ordinario per cassazione
ex art. 360 c.p.c.).
Cass. civ. n. 4954/1990
Ove sorga tra le parti una controversia circa la validità e l'efficacia d'un contratto di compravendita, per cui sia stato dalle parti convenuto di affidare ad un terzo la determinazione del prezzo, secondo la previsione dell'art. 1473 c.c., è onere della parte che v'abbia interesse provocare la nomina del terzo ovvero formulare la domanda di determinazione del prezzo prima che la causa sia rimessa all'udienza di discussione.
Cass. civ. n. 4313/1977
Nel caso in cui le parti abbiano affidato ad un terzo la determinazione del prezzo della vendita, si applica l'art. 1349 c.c. per quanto riguarda l'estensione dei poteri del terzo, l'impugnabilità della sua determinazione o le conseguenze della omissione di quest'ultima.