(massima n. 1)
In tema di cessione del credito, non integra gli estremi della violazione dell'obbligo di diligenza cui all'art. 1267, secondo comma, c.c. (diligenza del cessionario nell'iniziare o proseguire le istanze contro il debitore ceduto) la mancata espressione di un voto favorevole, da parte del cessionario, all'ammissione del debitore ceduto alla procedura di amministrazione controllata, onde evitarne il fallimento, e la conseguente insolvibilità del credito ceduto (nella specie, ceduto un credito ad un istituto bancario, il cedente aveva lamentato che quest'ultimo, chiamato ad esprimere il proprio voto in merito all'ammissione del debitore ceduto alla procedura di amministrazione controllata, avesse omesso di manifestarlo, con ciò causando la dichiarazione di fallimento del debitore: la S.C., dopo aver rilevato, in fatto, che la natura della cessione — pro solvendo — escludeva qualsiasi questione in ordine alle garanzie dovute dal cedente diverse da quella concernente la veritas nominis, ha incidenter tantum enunciato il principio di diritto di cui in massima).