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Articolo 42 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Trasformazione, fusione e scissione

Dispositivo dell'art. 42 bis Codice Civile

Se non è espressamente escluso dall'atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni.

La trasformazione produce gli effetti di cui all'articolo 2498. L'organo di amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla situazione patrimoniale dell'ente in via di trasformazione contenente l'elenco dei creditori, aggiornata a non più di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione, nonché la relazione di cui all'articolo 2500 sexies, secondo comma. Si applicano inoltre gli articoli 2499, 2500, art. 2500 bis del c.c., 2500 ter, secondo comma, 2500 quinquies e 2500 novies, in quanto compatibili.

Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili.

Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V prevede l'iscrizione nel Registro delle imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore(1).

Note

(1) Articolo inserito dall'art. 98, comma 1, D. Lgs. 3 luglio 2017, n. 117.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 42 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 21880/2020

L'incorporazione di un'associazione o comitato non riconosciuti in un'associazione o comitato riconosciuti determina la successione dell'incorporante nei rapporti giuridici dell'incorporato, che si estingue.

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Consulenze legali
relative all'articolo 42 bis Codice Civile

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Alessandro M. C. chiede
martedė 15/06/2021 - Abruzzo
“Buonasera,

sono vostro Cliente da diverso tempo.

Una consulenza. Un pò urgente…

Faccio parte, da quasi 20 anni, di un Comitato, una Associazione che ha fatto cose importanti per la Ceramica Italiana, in particolare per quella di Castelli d’ Abruzzo.
Prima come componente, ora come Presidente.
Dei componenti – allegato statuto- siamo rimasti in TRE.
Gli altri amici sono in Paradiso.

Per continuare cosa dovremmo fare?

Se volessimo far confluire ciò che possiede il Comitato (cataloghi, libri , manufatti in ceramica ecc.ecc ) in una altra Associazione o Fondazione, in tre lo possiamo fare?
Come donazione ? Come conferimento?
Che adempimenti fiscali da eseguire, visto che sono circa due anni che siamo fermi….


Grazie infinite”
Consulenza legale i 23/06/2021
Prima di fornire una risposta al quesito, occorre fare qualche cenno alla natura giuridica del comitato.

Il comitato, secondo la ricostruzione accolta anche in giurisprudenza (cfr. T.a.r. Lazio, sez. III, 20 ottobre 1997, n. 2483, in Trib. amm. reg., 1997, I, 3907; Cass. Civ. 8 maggio 2003, n. 6985, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I, 668, con nota di De Giorgi), è un istituto misto, che combina, da una parte, gli elementi caratteristici dell’associazione (la pubblica sottoscrizione), dall’altra parte, quelli della fondazione (la devoluzione dei beni ad uno specifico scopo).

Sempre secondo la ricostruzione effettuata dalla giurisprudenza, i comitati, pur non potendo essere considerate alla stregua di persone giuridiche, sono figure a cui può essere riconosciuta una certa soggettività, atteso che possono essere titolari di rapporti patrimoniali relativi a beni immobili.

La Suprema Corte, sin dalla pronuncia sopra citata, aveva riconosciuto la possibilità per i comitati di essere oggetto di fenomeni simili alle fusioni societarie, ammettendo che un comitato non riconosciuto potesse “migrare” in un comitato riconosciuto, con il conseguente trasferimento dei rapporti giuridici del comitato incorporato in quello incorporante, nonché la conseguente estinzione del comitato incorporato.

La natura mista del comitato, d’altronde, non crea particolari problemi nella migrazione del comitato verso altra forma associativa, come per l’appunto l’associazione o la fondazione.

Successivamente all’introduzione del nuovo art. 42 bis bis c.c. intervenuta con il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, a decorrere dal 3 agosto 2017, è stata codificata la possibilità, per associazioni e fondazioni (nonché per analogia anche ai comitati), di essere interessati da fenomeni quali la trasformazione, fusione e scissione, tipicamente previsti per le società.

Recentemente, la Suprema Corte ha sugellato tale possibilità, riferendosi anche ai comitati: “Ne deriva che l'incorporazione di un comitato o associazione non riconosciuti non crea una situazione di liquidazione degli stessi, ma una ipotesi di successione, con la conseguenza che nei rapporti giuridici del comitato o associazione incorporati subentra il corrispondente soggetto incorporante, mentre il comitato o l'associazione si estinguono. Anche nella fattispecie qui in esame, poi, non risultando alcuna liquidazione del patrimonio delle articolazioni periferiche, non può farsi riferimento ai principi in tema di scioglimento delle associazioni non riconosciute, dovendo invece il caso essere regolato dai principi in tema di trasformazione o incorporazione di comitati o di associazioni non riconosciute, secondo cui, appunto, l'incorporazione di un comitato o di un'associazione non riconosciuti in un'associazione o in un comitato riconosciuti, "lungi dal creare una situazione di liquidazione dei primi, crea, invece un'ipotesi di successione a questi del nuovo Comitato o dell'associazione, in cui sono stati incorporati, pertanto in questo caso nei rapporti giuridici del comitato o dell'associazione incorporati subentra il Comitato incorporante, mentre il Comitato o l'associazione inglobati si estinguono" (Cass. Civ., Ordinanza, 09/10/2020, n. 21880).

Prendendo proprio spunto da quanto evidenziato dalla Suprema Corte, sarebbe dunque possibile, nel caso di specie, che i rapporti patrimoniali (tutti i beni del comitato) possano essere acquisiti dall’associazione e/o fondazione incorporante (di nuova costituzione o già esistente); tale “successione” nei rapporti patrimoniali del comitato da parte dell’associazione e/o fondazione comporterebbe poi l’estinzione del comitato.

Sotto il profilo fiscale, vale la pena di evidenziare che, così come indicato all’art. 6 dell’Atto Costitutivo del Comitato, condizione necessaria al fine di mantenere il regime agevolativo previsto è quella di devolvere i fondi raccolti e che residuano una volta onorati i debiti, ad altro soggetto designato con deliberazione unanime del Comitato o, in assenza di questo, al Museo della Ceramica di Castelli. La devoluzione dei beni si pone come condizione necessaria sia nel caso in cui il Comitato si sciolga, in quanto ha raggiunto il proprio scopo o per incapacità di raggiungerlo, sia in ogni altro caso deliberato dal Comitato all’unanimità, ivi compresa, quindi, l’ipotesi in cui il Comitato si estingue ed allo stesso succede un’associazione e/o fondazione, come prospettato in riferimento al caso di specie.

Ovviamente, la nuova associazione/fondazione, poi, così come il precedente Comitato, per mantenere l’agevolazione della non commercialità, dovrà continuare a svolgere la propria attività in diretta attuazione degli scopi istituzionali, tenendo conto comunque del fatto che si qualificano, in ogni caso, come commerciali, in forza di presunzione legale, le seguenti prestazioni, anche se effettuate nei confronti degli associati:
-cessioni di beni nuovo prodotti per la vendita;
-somministrazione di pasti;
-erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
-prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito;
-prestazioni di servizi portuali e aeroportuali;
-gestione di spacci aziendali e di mense;
-organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
- gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
-pubblicità commerciale;
-telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.