AUTORE:
Roberto Carlo Cavaglieri
ANNO ACCADEMICO: 2021
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Milano
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
L’elaborato affronta la delicata tematica dell’affettività dei minori e dei giovani adulti condannati e ristretti negli Istituti Penitenziari Minorili, esaminandone gli aspetti problematici alla luce dell’ordinamento interno e della normativa di provenienza sovranazionale.
Il primo capitolo è dedicato al sistema della giustizia minorile, caratterizzato da marcati elementi di specializzazione in virtù del soggetto cui è destinato. Si esamina il D.lgs. n. 121/2018, predisposto per i minorenni e per i giovani adulti, e la legge 354/1975, analizzandone i rapporti reciproci nonché i principi di specialità e sussidiarietà previsti ex art. 1 del testo in materia di esecuzione penale minorile. L’elaborato esamina le finalità della pena inflitta all'autore di reato minorenne: viene esaminata la portata assunta dall’art. 27 comma 3 della Costituzione, all’interno del sistema di giustizia minorile, settore della giustizia penale ove la finalità della pena assume una connotazione “educativa più che rieducativa”.
Nel prosieguo, il lavoro si sofferma sull’importanza dell’affettività in carcere quale snodo fondamentale del processo ri-educativo e risocializzante, con puntuali riferimenti alle principali fonti nazionali ed internazionali che prevedono l’espresso riconoscimento dell’affettività come diritto proprio dell’individuo.
La trattazione prosegue con l’esame dell’art. 19 del d.lgs. n. 121/2018, norma che al suo interno racchiude le soluzioni elaborate dal legislatore delegato in materia di affettività, confrontandola con l’art. 18 della legge sull’ordinamento penitenziario.
L’elaborato sviluppa un ragionamento sulla portata dell’art. 19 c. 3 del d.lgs. n. 121 del 2018, il quale prevede, con grande innovazione, l’istituto delle visite prolungate a tutela dell’affettività. Il rafforzamento della sfera affettiva del detenuto minore o giovane adulto, come si è cercato di realizzare nel sistema dell’esecuzione penitenziaria minorile, seppur con le riserve e le insicurezze del caso, è un campo di intervento che, sperimentato e migliorato all’interno di tale sistema, ben potrebbe estendersi anche all’esecuzione ordinaria, benché nella medesima vi siano problemi che, allo stato attuale, appaiono irrisolvibili.
Il quarto capitolo fornisce una descrizione dell’organizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, evidenziando le funzioni degli organi in esso incardinati e affrontando, in particolar modo, la figura del direttore penitenziario.
Con riferimento al succedersi delle diverse finalità della pena, viene rilevato l’evolversi dei rapporti tra Amministrazione penitenziaria e detenuto, sempre più improntati ad un rispetto dei diritti dei soggetti reclusi e ad una conseguente giurisdizionalizzazione della fase esecutiva, fondamentale fase del procedimento penale in senso lato.
L’elaborato tratta inoltre dei mezzi di tutela esperibili dal detenuto nel caso in cui il diritto al colloquio e, in modo esteso, alla visita a tutela dell’affettività, venga leso per un atto dell’Amministrazione penitenziaria.
Statuita la natura di diritto soggettivo, l’ordinamento italiano, come anche rilevato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, risultava privo di adeguati mezzi di tutela nel caso in cui l’Amministrazione penitenziaria emanasse un provvedimento lesivo di tali posizioni giuridiche soggettive. Tale situazione mutava parzialmente in seguito all’intervento della Corte Costituzionale nel 1999, costituente una svolta in materia di posizioni giuridiche soggettive dei detenuti, affermandosi la necessità che l’ordinamento prevedesse un mezzo effettivo di tutela allorché vi fosse una lesione di posizioni qualificabili come diritti o interessi del recluso. La sentenza del giudice delle leggi non era tuttavia idonea, in assenza dell’intervento del legislatore, alla risoluzione della problematica della lacuna di tutela di talune posizioni giuridiche soggettive dei detenuti.
L’elaborato si conclude con l’esame della procedura che, a partire dal 2013, consente al detenuto di ottenere un’adeguata tutela giurisdizionale, stante la natura di diritti soggettivi delle posizioni giuridiche suscettibili di essere lese per un atto dell’autorità amministrativa a presidio delle carceri. La nuova normativa presenta delle caratteristiche del tutto innovative nel panorama della tutela dei diritti dei detenuti, quali l’instaurazione di un secondo grado di merito e la possibilità, mediante il ricorso all’ottemperanza, di coartare l’Amministrazione penitenziaria a conformarsi a quanto statuito dal giudice ordinario, eventualmente anche mediante la nomina di un commissario ad acta.
Il primo capitolo è dedicato al sistema della giustizia minorile, caratterizzato da marcati elementi di specializzazione in virtù del soggetto cui è destinato. Si esamina il D.lgs. n. 121/2018, predisposto per i minorenni e per i giovani adulti, e la legge 354/1975, analizzandone i rapporti reciproci nonché i principi di specialità e sussidiarietà previsti ex art. 1 del testo in materia di esecuzione penale minorile. L’elaborato esamina le finalità della pena inflitta all'autore di reato minorenne: viene esaminata la portata assunta dall’art. 27 comma 3 della Costituzione, all’interno del sistema di giustizia minorile, settore della giustizia penale ove la finalità della pena assume una connotazione “educativa più che rieducativa”.
Nel prosieguo, il lavoro si sofferma sull’importanza dell’affettività in carcere quale snodo fondamentale del processo ri-educativo e risocializzante, con puntuali riferimenti alle principali fonti nazionali ed internazionali che prevedono l’espresso riconoscimento dell’affettività come diritto proprio dell’individuo.
La trattazione prosegue con l’esame dell’art. 19 del d.lgs. n. 121/2018, norma che al suo interno racchiude le soluzioni elaborate dal legislatore delegato in materia di affettività, confrontandola con l’art. 18 della legge sull’ordinamento penitenziario.
L’elaborato sviluppa un ragionamento sulla portata dell’art. 19 c. 3 del d.lgs. n. 121 del 2018, il quale prevede, con grande innovazione, l’istituto delle visite prolungate a tutela dell’affettività. Il rafforzamento della sfera affettiva del detenuto minore o giovane adulto, come si è cercato di realizzare nel sistema dell’esecuzione penitenziaria minorile, seppur con le riserve e le insicurezze del caso, è un campo di intervento che, sperimentato e migliorato all’interno di tale sistema, ben potrebbe estendersi anche all’esecuzione ordinaria, benché nella medesima vi siano problemi che, allo stato attuale, appaiono irrisolvibili.
Il quarto capitolo fornisce una descrizione dell’organizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, evidenziando le funzioni degli organi in esso incardinati e affrontando, in particolar modo, la figura del direttore penitenziario.
Con riferimento al succedersi delle diverse finalità della pena, viene rilevato l’evolversi dei rapporti tra Amministrazione penitenziaria e detenuto, sempre più improntati ad un rispetto dei diritti dei soggetti reclusi e ad una conseguente giurisdizionalizzazione della fase esecutiva, fondamentale fase del procedimento penale in senso lato.
L’elaborato tratta inoltre dei mezzi di tutela esperibili dal detenuto nel caso in cui il diritto al colloquio e, in modo esteso, alla visita a tutela dell’affettività, venga leso per un atto dell’Amministrazione penitenziaria.
Statuita la natura di diritto soggettivo, l’ordinamento italiano, come anche rilevato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, risultava privo di adeguati mezzi di tutela nel caso in cui l’Amministrazione penitenziaria emanasse un provvedimento lesivo di tali posizioni giuridiche soggettive. Tale situazione mutava parzialmente in seguito all’intervento della Corte Costituzionale nel 1999, costituente una svolta in materia di posizioni giuridiche soggettive dei detenuti, affermandosi la necessità che l’ordinamento prevedesse un mezzo effettivo di tutela allorché vi fosse una lesione di posizioni qualificabili come diritti o interessi del recluso. La sentenza del giudice delle leggi non era tuttavia idonea, in assenza dell’intervento del legislatore, alla risoluzione della problematica della lacuna di tutela di talune posizioni giuridiche soggettive dei detenuti.
L’elaborato si conclude con l’esame della procedura che, a partire dal 2013, consente al detenuto di ottenere un’adeguata tutela giurisdizionale, stante la natura di diritti soggettivi delle posizioni giuridiche suscettibili di essere lese per un atto dell’autorità amministrativa a presidio delle carceri. La nuova normativa presenta delle caratteristiche del tutto innovative nel panorama della tutela dei diritti dei detenuti, quali l’instaurazione di un secondo grado di merito e la possibilità, mediante il ricorso all’ottemperanza, di coartare l’Amministrazione penitenziaria a conformarsi a quanto statuito dal giudice ordinario, eventualmente anche mediante la nomina di un commissario ad acta.