AUTORE:
Genni Castrignanò
ANNO ACCADEMICO: 2019
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La responsabilità civile ha subìto un’evoluzione continua che ha portato ad un vero e proprio ripensamento del sistema della responsabilità.
La disciplina italiana del risarcimento affonda le sue radici nel diritto romano. L’Italia appartiene alla tradizione di civil law e, pertanto, al risarcimento del danno è sempre stata riconosciuta, fino a pochi anni fa, unicamente la funzione riparatoria-compensativa. Al consociato che abbia subito effetti pregiudizievoli dalla condotta antigiuridica altrui è riconosciuta la facoltà di attivarsi per ristorare integralmente la propria sfera patrimoniale, riportando la situazione allo status quo ante. Funzione principale della responsabilità civile nel nostro ordinamento è quindi quella di ripristino della situazione patrimoniale precedente all’illecito, un “annullamento”, per così dire, delle conseguenze dannose cagionate da quest’ultimo, senza ricomprendere, nello scopo del risarcimento, una forma di sanzione nei confronti dell’autore della condotta antigiuridica.
La Corte di Cassazione ha però recentemente aperto la strada al riconoscimento di una polifunzionalità della responsabilità civile, attraverso l’ammissione di un istituto tipico degli ordinamenti di common law, i danni punitivi, sulla scia dei punitive damages inglesi. Attraverso il riconoscimento espresso di questo istituto, non è più possibile parlare di sola funzione riparatoria-compensativa, in quanto è insito nel rimedio risarcitorio anche un fine di deterrenza e sanzionatorio per l’autore dell’illecito e per la generalità dei consociati.
Scopo della trattazione è di analizzare le vicende che hanno portato al riconoscimento del "risarcimento punitivo", attraverso la sentenza della Cassazione n. 16601 del 2017, e di dare conto delle fattispecie esistenti nel nostro ordinamento, connotate da una ratio simile a quella dei punitive damages.
La disciplina italiana del risarcimento affonda le sue radici nel diritto romano. L’Italia appartiene alla tradizione di civil law e, pertanto, al risarcimento del danno è sempre stata riconosciuta, fino a pochi anni fa, unicamente la funzione riparatoria-compensativa. Al consociato che abbia subito effetti pregiudizievoli dalla condotta antigiuridica altrui è riconosciuta la facoltà di attivarsi per ristorare integralmente la propria sfera patrimoniale, riportando la situazione allo status quo ante. Funzione principale della responsabilità civile nel nostro ordinamento è quindi quella di ripristino della situazione patrimoniale precedente all’illecito, un “annullamento”, per così dire, delle conseguenze dannose cagionate da quest’ultimo, senza ricomprendere, nello scopo del risarcimento, una forma di sanzione nei confronti dell’autore della condotta antigiuridica.
La Corte di Cassazione ha però recentemente aperto la strada al riconoscimento di una polifunzionalità della responsabilità civile, attraverso l’ammissione di un istituto tipico degli ordinamenti di common law, i danni punitivi, sulla scia dei punitive damages inglesi. Attraverso il riconoscimento espresso di questo istituto, non è più possibile parlare di sola funzione riparatoria-compensativa, in quanto è insito nel rimedio risarcitorio anche un fine di deterrenza e sanzionatorio per l’autore dell’illecito e per la generalità dei consociati.
Scopo della trattazione è di analizzare le vicende che hanno portato al riconoscimento del "risarcimento punitivo", attraverso la sentenza della Cassazione n. 16601 del 2017, e di dare conto delle fattispecie esistenti nel nostro ordinamento, connotate da una ratio simile a quella dei punitive damages.