AUTORE:
Rossella Russo
ANNO ACCADEMICO: 2018
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Napoli - Federico II
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
La scienza del diritto ecclesiastico, nel corso della sua centenaria evoluzione, ha sempre dato rilievo alla tutela degli interessi religiosi di coloro che si ritrovano, per scelta, per motivi di salute o per esigenze di detenzione all’interno delle cosiddette istituzioni segreganti, quali le carceri, gli ospedali oppure le caserme, per quanto riguarda gli appartenenti alle Forze armate o al personale della Polizia di Stato. Tale impegno è cristallizzato anche nella Carta Costituzionale, la quale, all’art. 19 enuncia il diritto di libertà religiosa, la cui piena tutela implica che essa sia garantita anche in presenza di impedimenti oggettivi alla libera iniziativa del singolo, attraverso la predisposizione di misure idonee ad assicurare l’esercizio delle pratiche di culto ed il conforto spirituale dei ministri della confessione di appartenenza. All’interno delle strutture obbliganti è l’istituto dell’assistenza spirituale a rispondere a tale esigenza. Tuttavia, essendo esso disciplinato per certi aspetti da norme piuttosto risalenti, potrebbe apparire anacronistico e non più rispondente ad effettive esigenze dei consociati, anche alla luce del carattere sempre più secolarizzato della società contemporanea. In realtà, questa concezione non tiene conto di quanto sia importante, nelle istituzioni segreganti, e in particolare nelle carceri, garantire a chi ritenga di averne bisogno un supporto da parte di un ministro di culto o di un assistente spirituale qualificato, dato il contesto sempre più alienante e lontano dalle finalità di reinserimento sociale in cui vivono i detenuti. Nondimeno, la dimensione multiculturale e multireligiosa della società contemporanea conferisce rinnovata attualità all’istituto, in corrispondenza delle istanze dei fedeli delle confessioni religiose di recente insediamento. Nella dimensione penitenziaria, infatti, l’istituto dell’assistenza spirituale ha non solo una funzione di garanzia del godimento del diritto di libertà religiosa dei detenuti, ma anche di contrasto a preoccupanti fenomeni che si verificano tra le mura del carcere, tra cui alcuni di origine decisamente recente come il pericolo di radicalizzazione dei detenuti islamici.