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Vietato allattare in aereo, la compagnia glielo impedisce perché mette a disagio gli altri passeggeri: ma è lecito?

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Vietato allattare in aereo, la compagnia glielo impedisce perché mette a disagio gli altri passeggeri: ma è lecito?
Madre allatta il bambino sul volo perché piange, ma le viene impedito perché mette a disagio gli altri passeggeri
Anche se l’allattamento è riconosciuto come un diritto fondamentale per madre e bambino, spesso, in luoghi frequentati, alle mamme viene impedito di compiere tale atto.

È quanto avvenuto, lo scorso 20 luglio, ad una giovane madre, Chelsea Williams, durante un volo da Manchester all’Algeria insieme alla sua famiglia.
La donna si era seduta nell’ultima fila per allattare suo figlio di cinque mesi, con il neonato allacciato con lei sul sedile (nel rispetto delle regole delle compagnie aeree).
Tuttavia, poco prima che l’aereo decollasse, un membro dell’equipaggio della TUI (gruppo industriale di turismo tedesco), ha espressamente chiesto alla madre di smettere di allattare.

Il motivo del divieto? A domanda del marito della Williams, un portavoce della compagnia ha risposto che, secondo le regole ufficiali, non ci sono restrizioni, ma si tratta di un comportamento che avrebbe potuto mettere a disagio gli altri passeggeri.

Il problema di fondo, in vicende come questa, è che l’allattamento al seno in pubblico viene vissuto come un tabù.

La vicenda impone una riflessione, guardando al nostro Paese.

In Italia, c’è una legge che vieta alle mamme di allattare in pubblico?

La risposta è no.

Anzi, la Dichiarazione degli Innocenti OMS-UNICEF del 1990 stabilisce che lo Stato deve permettere a tutte le donne di attuare l’allattamento materno esclusivo, almeno fino ai sei mesi di vita del bambino.

L’Italia cerca di adeguarsi e lo fa, ad esempio, con i congedi per l’allattamento.
Alla madre lavoratrice spettano permessi per allattamento. Sono permessi orari a disposizione nel primo anno di vita del bambino (se il piccolo ha un handicap, nei primi tre anni). La loro durata è variabile, a seconda dell’orario lavorativo: con almeno 6 ore lavorative, 2 ore al giorno; con meno di 6 ore lavorative, 1 ora al giorno.
Si tratta di permessi retribuiti interamente che, quindi, non incidono sullo stipendio.

Inoltre, secondo l’art. 24 n. 2 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, lo Stato deve far sì che i genitori ricevano informazioni sulla salute e sulla nutrizione del minore e sui vantaggi dell’allattamento al seno.

Proprio a tal fine, l’Italia ha aderito alla campagna globale “Ospedale amico dei bambini” OMS – UNICEF del 1991. Tra i punti fondamentali c’è l’iniziativa a favorire l’allattamento al seno, sensibilizzando e formando operatori sanitari e genitori: lo scopo è preferire sempre l’allattamento al seno, dove possibile, alle alternative artificiali.

Ci sono anche numerosi documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) tesi a favorire l’allattamento.

Con la Raccomandazione OMS-UNICEF del 1979, si è evidenziata la necessità di informare le donne sui vantaggi dell’allattamento al seno.

Inoltre, con la Direttiva OMS del 1981, si è prevista una disciplina per la commercializzazione dei sostituti del latte materno, con la quale si è stabilito il divieto di pubblicità al pubblico di preparati per lattanti ed altri sostituti del latte materno.

Sulla questa scia, vi è una Direttiva europea (CEE, Direttiva 321 del 1991) che vieta la pubblicità e promozione di prodotti alimentari per neonati: le etichette di tali prodotti artificiali devono affermare la superiorità di quello materno.
In linea con tale direttiva, c’è pure il Decreto ministeriale n. 500 del 1994 sui prodotti alimentari per lattanti.

Insomma, nel nostro Paese e a livello sovranazionale, ci sono disposizioni che sostengono e promuovono l’allattamento al seno, nell’esclusivo interesse del bambino.

Peraltro, è stata la stessa TUI ad affermare poi di sostenere l'allattamento al seno sui propri voli in qualsiasi momento. Inoltre, secondo il gruppo tedesco, è in corso un’indagine interna: la volontà è quella di assicurarsi che tutti i colleghi siano riqualificati sulla loro politica favorevole all'allattamento al seno.


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