Nel caso esaminato dalla Cassazione, il giudice per le indagini preliminari aveva emesso un ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'imputato del reato di cui sopra, in relazione a due ipotesi di importazione e trasporto di cocaina dall'Olanda.
Il procedimento penale riguardava, in particolare, una stabile organizzazione di traffico di "ingenti quantità di cocaina dall'Olanda, che si articolava mediante raccolta del denaro contate necessario per l'acquisto, e trasporto del denaro occultato all'intero di camion adibiti al trasporto di fiori, adoperati poi per la successiva importazione dello stupefacente acquistato in Olanda".
L'attività di commercio di fiori, nello specifico, veniva dissimulata tramite due società con sede a Latina, dove "venivano convogliate le somme di denaro raccolte, per il successivo trasporto in Olanda".
Con una successiva ordinanza, poi, il Tribunale, in sede di riesame, aveva confermato il provvedimento cautelare, con la conseguenza che l'imputato provvedeva a proporre ricorso in Cassazione, il quale, tuttavia, veniva rigettato.
Secondo la Cassazione, infatti, la decisione del Tribunale di confermare il provvedimento cautelare appariva del tutto coerente, dal momento che, in base all'art. 309 codice di procedura penale, il Tribunale del riesame provvede all'annullamento del provvedimento cautelare solo in caso di mancanza di motivazione o di autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi di prova forniti dalla difesa dell'imputato.
Nel caso di specie, invece, il Tribunale aveva richiamato, in via diretta e indiretta, le fonti di prova fornite dal Pubblico Ministero, fondando su di esse la propria decisione.
Pertanto, non erano riscontrabili vizi nell'ordinanza del Tribunale del riesame, la quale aveva fatto espressamente riferimento alle fonti di prova, al contenuto delle intercettazioni e alla rete dei legami propria dell'associazione criminosa in questione.
Inoltre, secondo la Corte, l'ordinanza impugnata aveva "adeguatamente valutato le fonti di prova", evidenziando, con riferimento all'esistenza dell'associazione per delinquere, che il denaro che veniva convogliato presso la società di Latina era gestito dalla segreteria, che intratteneva frequenti contatti telefonici con un altro indagato del procedimento, in Olanda.
Tale raccolta di denaro, poi, non trovava alcuna "giustificazione riconducibile a pratiche commerciali corrette o solo usuali" e nemmeno erano emersi elementi concreti, dai quali fosse possibile desumere che la società avesse agito al solo scopo di acquistare all'estero materiale per fioristi.
L'ordinanza, infine, era, secondo la Corte, adeguatamente motivata anche con riferimento al profilo relativo alla partecipazione al sodalizio criminale, dal momento che erano state richiamate intercettazioni dalle quali si era riscontrato che il ricorrente "era attivo nella raccolta e consegna delle provviste destinate all'acquisto dello stupefacente".
In conclusione, dunque, secondo la Cassazione, l'ordinanza del Tribunale del riesame appariva "correttamente motivata, è immune da censure logiche o da contraddizioni".
Osservava la Corte, infatti, come "l'esistenza di un'attività lecita di commercio di fiori non può, di per se, giustificare una raccolta di denaro contate, per importi significativi, e al di fuori dei consueti, e trasparenti, canali di finanziamento, al di fuori di qualsiasi rapporto contrattuale con i finanziatori degli acquisti".
Pertanto, l'ordinanza aveva correttamente "escluso che l'esistenza dell'attività lecita di commercio dei fiori rendesse di per sè lecita la raccolta ed il trasporto del denaro (...), proprio perché l'attività lecita è risultata costituire solo lo schermo lecito e formale per il traffico illecito".
Alla luce di tutte queste considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto, condannando il ricorrente al pagamento del spese del procedimento.
Il procedimento penale riguardava, in particolare, una stabile organizzazione di traffico di "ingenti quantità di cocaina dall'Olanda, che si articolava mediante raccolta del denaro contate necessario per l'acquisto, e trasporto del denaro occultato all'intero di camion adibiti al trasporto di fiori, adoperati poi per la successiva importazione dello stupefacente acquistato in Olanda".
L'attività di commercio di fiori, nello specifico, veniva dissimulata tramite due società con sede a Latina, dove "venivano convogliate le somme di denaro raccolte, per il successivo trasporto in Olanda".
Con una successiva ordinanza, poi, il Tribunale, in sede di riesame, aveva confermato il provvedimento cautelare, con la conseguenza che l'imputato provvedeva a proporre ricorso in Cassazione, il quale, tuttavia, veniva rigettato.
Secondo la Cassazione, infatti, la decisione del Tribunale di confermare il provvedimento cautelare appariva del tutto coerente, dal momento che, in base all'art. 309 codice di procedura penale, il Tribunale del riesame provvede all'annullamento del provvedimento cautelare solo in caso di mancanza di motivazione o di autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi di prova forniti dalla difesa dell'imputato.
Nel caso di specie, invece, il Tribunale aveva richiamato, in via diretta e indiretta, le fonti di prova fornite dal Pubblico Ministero, fondando su di esse la propria decisione.
Pertanto, non erano riscontrabili vizi nell'ordinanza del Tribunale del riesame, la quale aveva fatto espressamente riferimento alle fonti di prova, al contenuto delle intercettazioni e alla rete dei legami propria dell'associazione criminosa in questione.
Inoltre, secondo la Corte, l'ordinanza impugnata aveva "adeguatamente valutato le fonti di prova", evidenziando, con riferimento all'esistenza dell'associazione per delinquere, che il denaro che veniva convogliato presso la società di Latina era gestito dalla segreteria, che intratteneva frequenti contatti telefonici con un altro indagato del procedimento, in Olanda.
Tale raccolta di denaro, poi, non trovava alcuna "giustificazione riconducibile a pratiche commerciali corrette o solo usuali" e nemmeno erano emersi elementi concreti, dai quali fosse possibile desumere che la società avesse agito al solo scopo di acquistare all'estero materiale per fioristi.
L'ordinanza, infine, era, secondo la Corte, adeguatamente motivata anche con riferimento al profilo relativo alla partecipazione al sodalizio criminale, dal momento che erano state richiamate intercettazioni dalle quali si era riscontrato che il ricorrente "era attivo nella raccolta e consegna delle provviste destinate all'acquisto dello stupefacente".
In conclusione, dunque, secondo la Cassazione, l'ordinanza del Tribunale del riesame appariva "correttamente motivata, è immune da censure logiche o da contraddizioni".
Osservava la Corte, infatti, come "l'esistenza di un'attività lecita di commercio di fiori non può, di per se, giustificare una raccolta di denaro contate, per importi significativi, e al di fuori dei consueti, e trasparenti, canali di finanziamento, al di fuori di qualsiasi rapporto contrattuale con i finanziatori degli acquisti".
Pertanto, l'ordinanza aveva correttamente "escluso che l'esistenza dell'attività lecita di commercio dei fiori rendesse di per sè lecita la raccolta ed il trasporto del denaro (...), proprio perché l'attività lecita è risultata costituire solo lo schermo lecito e formale per il traffico illecito".
Alla luce di tutte queste considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto, condannando il ricorrente al pagamento del spese del procedimento.