Ma ci siamo mai chiesti se queste telefonate vengono inoltrate legittimamente? Abbiamo mai dato il nostro consenso al trattamento dei nostri dati personali a quella determinata società che inoltra questo tipo di chiamate?
Ebbene, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10714 del 24 maggio 2016, ha stabilito che, ai sensi degli artt. [[nc129privacy]] e 130 del codice della privacy, in mancanza di un nostro consenso espresso al trattamento dei dati personali, tali telefonate sono illegittime e la società interessata deve ritenersi responsabile.
Nel caso esaminato dalla Corte, il Garante per la Protezione dei dati personali aveva dichiarato illecito il trattamento dei dati personali di un soggetto, cui erano state inviate delle telefonate commerciali con messaggi pre-registrati, ai fini pubblicitari, vietando alla società in questione di continuare in tale comportamento, in mancanza di un consenso “preventivo, specifico e informato dei soggetti interessati”.
La società condannata, quindi, decideva di opporsi a tale provvedimento, rivolgendosi al Tribunale competente, il quale, tuttavia, rigettava l’opposizione, osservando che “per la maggiore invasività delle comunicazioni attuate con l'uso di sistemi automatizzati, l'invio di materiale pubblicitario o di comunicazioni commerciali poteva essere fatto solo con il consenso dell'interessato, da intendersi come "consenso specifico riferito a quella specifica comunicazione"”.
Anche secondo il Tribunale, quindi, le telefonate commerciali potevano essere inviate solo in presenza di uno specifico consenso al trattamento dei dati personali, reso dal soggetto interessato.
La società decideva, quindi, di proporre ricorso per Cassazione, il quale, tuttavia, veniva, ugualmente, rigettato.
Osserva la Corte, innanzitutto, come, nel caso di specie, si fosse in presenza di messaggi telefonici pre-registrati, trattandosi, pertanto, di “comunicazioni fatte con sistemi automatici di chiamata”.
Con riferimento a tali comunicazione, prosegue la Corte, gli artt. 129 e 130 del codice della privacy, consentono tale trattamento dei dati personali “solo con il consenso dell'interessato”, con la conseguenza che, “in caso di chiamate automatizzate, la possibilità di veicolare messaggi pubblicitari suppone sempre il consenso specifico dell'interessato, in analogia di quel che accade per le comunicazione mediante fax, nelle quali parimenti manca la possibilità di interazione del destinatario col mittente”.
In altre parole, la Corte di Cassazione conferma che, laddove il trattamento dei dati personali avvenga attraverso delle “chiamate automatizzate”, nelle quali il ricevente, alzando la cornetta, si trova costretto ad ascoltare un messaggio pre-registrato, tale trattamento deve dirsi legittimo solo ed esclusivamente nei casi in cui il soggetto in questione abbia prestato il suo consenso.
Inoltre, tale “consenso” non deve essere inteso in termini generici, dal momento che deve trattarsi di un consenso espresso in un momento precedente a quello della telefonata e deve essere anche un consenso che sia specificamente riferibile a quella determinata comunicazione telefonica.
Alla luce di tali circostanze, la Corte di Cassazione ritiene che il Tribunale abbia, del tutto correttamente, rigettato l’opposizione proposta dalla società telefonica al Garante per la Privacy, in considerazione della mancanza di un consenso “preventivo, specifico e informato” da parte del soggetto interessato.
Pertanto, la Cassazione rigetta il ricorso proposto dalla società telefonica e conferma la sentenza di primo grado.