Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Palermo aveva confermato in sede di riesame l’ordinanza con cui il Pubblico Ministero aveva disposto il sequestro probatorio di un dvd (artt. 253 e ss. cod. proc. pen.), contenente registrazioni interne ed esterne del sistema di videosorveglianza dell'abitazione familiare, a seguito della denuncia presentata da una moglie nei confronti del marito, per i reati sopra citati.
L’indagato aveva proposto ricorso avverso tale provvedimento, evidenziando come il sistema di videosorveglianza fosse stato installato due anni prima come tale circostanza fosse nota a coloro che occupavano l'abitazione.
Secondo il ricorrente, dunque, poiché la moglie era a conoscenza dell’installazione del sistema di videosorveglianza, non vi era stata alcuna indebita interferenza nella vita privata della medesima.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, annullando il provvedimento impugnato.
Evidenziava la Cassazione, in particolare, che, nel caso di specie, il Tribunale aveva ritenuto probabile la sussistenza del reato di “interferenze illecite nella vita privata”, osservando come vi fosse, dunque, “la necessità di acquisire il contenuto delle registrazioni interne ed esterne del sistema di videosorveglianza, al fine di verificare le illecite interferenze”.
Nello specifico, il Tribunale aveva evidenziato che l’installazione del sistema di videosorveglianza “era avvenuta all'evidenza contro la volontà della moglie, la quale aveva oscurato le telecamere con dei panni”.
Tuttavia, la difesa dell’imputato aveva fornito importanti elementi circa la “notorietà in famiglia dell'installazione”, che rappresentava un elemento che incideva inevitabilmente sulla configurabilità del reato di cui all’art. 615 bis cod. pen. e che, pertanto, avrebbe dovuto essere preso in considerazione dal Tribunale nel disporre il sequestro.
Secondo la Cassazione, il Tribunale “avrebbe dovuto dunque valutare tutte le deduzioni difensive”, al fine di motivare adeguatamente il proprio giudizio circa la probabile sussistenza del reato di “interferenze illecite nella vita privata”, cui il provvedimento di sequestro era stato specificamente ricollegato.
Poiché, invece, nel caso di specie, il Tribunale non aveva fatto alcun riferimento alle deduzioni della difesa dell’indagato, la Cassazione riteneva di dover procedere all’annullamento del provvedimento di sequestro, con rinvio della questione al Tribunale di Palermo, per un nuovo esame della medesima.