Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 38489 del 2015, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dal Tribunale, una donna aveva agito in giudizio nei confronti di un condominio, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di una caduta, avvenuta mentre la stessa camminava nello spazio sottostante al porticato del condominio stesso.
Secondo la donna, in particolare, la caduta era stata causata da una lastra di ghiaccio presente sulla pavimentazione e doveva ritenersi responsabile il condominio, in qualità di custode del porticato in questione.
Il Tribunale, tuttavia, non riteneva di poter accogliere la domanda risarcitoria svolta dall’attrice, evidenziando che, ai fini dell’affermazione della responsabilità da cosa in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., è necessario che l’attore dimostri la sussistenza di un rapporto di causalità tra la cosa custodita e il danno verificatosi.
Evidenziava il Tribunale, inoltre, che “tale prova deve essere particolarmente rigorosa soprattutto quando la cosa produttiva di danno è una cosa inerte”, come nel caso di specie.
Ebbene, nel caso in esame, il Tribunale riteneva che l’attrice non avesse assolto all’onere della prova sulla stessa incombente, dal momento che una testimone aveva riferito di non averla vista cadere, ma di aver visto solo che la donna era a terra sotto il porticato del condominio.
Per quanto riguarda lo stato dei luoghi, peraltro, la testimone aveva riferito che era in corso una debole nevicata ma di non saper dire se sotto il portico c’era del ghiaccio.
Pertanto, secondo il Tribunale, non vi era alcuna prova dell’effettiva presenza del ghiaccio, la quale, comunque, appariva “inverosimile”, in considerazione delle temperature che erano state registrate in quei giorni.
A detta del Tribunale, dunque, la caduta della donna poteva essere seguita ad un suo movimento maldestro, con la conseguenza che il condominio non poteva essere condannato.
Ciò considerato, il Tribunale di Milano rigettava la domanda risarcitoria proposta dalla donna, condannando la stessa anche al pagamento delle spese processuali.