Tale provvedimento, ritenuto illegittimo dalla società di capitali che aveva chiesto l’autorizzazione all’impianto dello strumento, veniva impugnato con ricorso al T.A.R. Campania il quale accoglieva il ricorso ritenendo illegittimo il provvedimento. Proponeva appello il Ministero della Cultura attraverso la Soprintendenza archeologica ribadendo il valore “culturale” del bene ed invocando la relativa disciplina prevista ex lege.
Nel pronunciarsi sul gravame, il Collegio giudicante ha illustrato puntualmente il quadro normativo vigente in materia e, a tal proposito, ha puntualizzato che la L. n. 578/1971, per identità di finalità e funzioni, rappresenta una normativa speciale rispetto a quella dettata ex l. 1089/1939 (succ. integrata dai D. Lgs. nn. 490/1999 e Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Nel caso di specie, relativamente alla villa “Pignatelli Monteleone”, anch’essa notoriamente parte dell’elenco di cui al suddetto D.M. 19/10/1976, la stessa deve ritenersi soggetta al vincolo culturale ex lege, e come tale sottoposta alle relative norme di protezione qualunque sia il suo regime proprietario.
Dopo aver ribadito tale consolidato orientamento giurisprudenziale, il Collegio si è soffermato anche su un tema di parte generale, ovvero sulla valenza del vincolo culturale attribuibile ad un bene che versa in stato di abbandono e degrado. In proposito, è stato asserito che tale circostanza non esclude la sussistenza del vincolo culturale e per l’effetto non comporta il venir meno della relativa tutela. Tuttavia, tale ultimo assunto non vale nell’ipotesi in cui il medesimo bene, a causa delle modifiche apportate, abbia oggettivamente perso quelle caratteristiche intrinseche che avrebbero consentito di attribuirgli valenza culturale giustificandone la protezione e, soprattutto, come nel caso del Parco circostante Villa Pignatelli di Monteleone, ove non vi sia certezza riguardo il tempo dell’avvenuta trasformazione (che potrebbe essersi verificata anteriormente all’imposizione del vincolo).