Se è previsto un determinato termine per l’invio della disdetta, lo stesso si calcola dal momento dell’invio della raccomandata o da quello del suo ricevimento da parte del destinatario?
Nel caso esaminato dalla Cassazione, una società aveva contestato ad un’altra società, che avanzava richiesta di pagamento di alcuni canoni di locazione insoluti, di aver legittimamente e tempestivamente esercitato il diritto di recesso dal contratto di locazione a suo tempo stipulato, con la conseguenza che i canoni richiesti non potevano ritenersi dovuti.
Nello specifico, il contratto prevedeva che il locatario potesse recedere dal contratto solo alla data del rinnovo del contratto, mediante invio di raccomandata con anticipo di un anno.
Il contratto prevedeva, inoltre, che “in caso di mancato esercizio del diritto di recesso alla data del (OMISSIS), la locataria rinuncia espressamente a recedere dal contratto fino alla scadenza dei sei anni successivi”.
Il Tribunale di Vercelli, pronunciatosi in primo grado, aveva accertato la tempestività della disdetta, dando rilievo alla data di invio della raccomandata e non a quella del ricevimento della stessa.
Avverso tale decisione proponeva appello la società locatrice e la Corte d’Appello riformava, pertanto, la decisione di primo grado, sostenendo che doveva farsi riferimento, ai fini della tempestività della disdetta, alla data in cui la comunicazione è stata ricevuta dal destinatario.
Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione evidenziava che, ai sensi dell’art. 1334 del c.c. c.c., la disdetta è “un atto unilaterale recettizio”, con la conseguenza che la medesima “per avere effetto deve essere portata a conoscenza o alla conoscibilità del destinatario (art. 1335 del c.c.)”.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, la Corte d’Appello, preso atto della tardività della disdetta, aveva correttamente statuito nel senso della sua inefficacia, in quanto pervenuta oltre il termine contrattualmente previsto.
Nel caso in esame, dunque, poiché la disdetta era giunta a conoscenza del destinatario in un momento successivo, il contratto di locazione doveva intendersi rinnovato per altri sei anni e, pertanto, le somme richieste dalla società locatrice dovevano essere corrisposte.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla società locataria, confermando la sentenza di secondo grado e ribadendo l’obbligo di corrispondere i canoni di locazione richiesti.