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Problemi vecchi e nuovi in ambito di responsabilità sanitaria dopo la Legge Gelli-Bianco

Sanità - -
Problemi vecchi e nuovi in ambito di responsabilità sanitaria dopo la Legge Gelli-Bianco
La responsabilità colposa in ambito sanitario è condizionata dalla corretta applicazione di istituti quali il nesso di causalità e la nuova causa di non punibilità prevista dall'art. 590 sexies c.p.
Il tema della responsabilità medica in ambito penale è un argomento di grande attualità, anche alla luce della normativa introdotta recentemente dalla Legge Gelli-Bianco dell’8 marzo 2017.
Tale nuova regolamentazione è quotidianamente applicata dai giudici i quali si trovano al cospetto di problemi vecchi e nuovi relativamente all’affermazione della responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria.
Per quanto riguarda l’accertamento del nesso di causalità, la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 11674 del 18 marzo 2019 si è assestata, anche dopo l’introduzione della Legge Gelli-Bianco, su parametri elaborati dalla giurisprudenza precedente e confermati in seguito.
In particolare, soffermandosi su tale problematica, i giudici hanno affermato che non è mai sufficiente, per affermare il nesso causale, fare riferimento esclusivamente a indici di natura statistica. Non è possibile, in altre parole, dedurre una correlazione causale tra un certo evento e un dato antecedente sulla scorta di considerazioni di carattere meramente probabilistico, per il solo fatto che tale dinamica è già stata verificata in un numero consistente di casi.
Secondo l’insegnamento della celebre “sentenza Franzese” dell’11 settembre 2002, il criterio che bisogna adottare è quello dell’”elevata probabilità logica o credibilità razionale”, alla stregua del quale è necessario dimostrare che l’evento è conseguenza del fatto di reato in un singolo e peculiare caso specifico, nonostante non fosse statisticamente probabile. Oppure, viceversa, per escludere il nesso di causalità, occorre provare che, nel caso concreto, l’evento non si è verificato a causa di quel determinato fatto, nonostante gli indici statistici fossero tutti a favore di tale collegamento.
Nel condurre questa valutazione è necessario, ad avviso dei giudici della Cassazione, riferirsi a leggi scientifiche universali, in quanto accettate dalla comunità scientifica, oppure a comuni regole d’esperienza.
In ogni caso, la responsabilità medica non può mai essere affermata senza valutare la peculiarità del caso di specie, secondo degli inaccettabili automatismi sanzionatori.
Un problema ancora più serio è posto dall’interpretazione della nuova causa di non punibilità disciplinata dall’art. 590 sexies secondo comma del Codice Penale, il quale prevede in modo alquanto sibillino che “Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.”
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8115 del 25 febbraio 2019, nell’occuparsi di un altro caso di responsabilità medica, ha specificato l’ambito di applicazione della nuova causa di non punibilità, specificazione resasi doverosa a causa della formulazione della norma, ritenuta oscura da gran parte della giurisprudenza e della dottrina che si sono espresse sul tema.
Più nello specifico, nell’annullare con rinvio la sentenza sottoposta alla loro attenzione, i giudici della Cassazione hanno specificato che la nuova causa di non punibilità non è applicabile in numerosi casi, ovvero quando l’errore medico sia stato provocato da negligenza o imprudenza, quando le linee-guida o le buone pratiche clinico-assistenziali non siano state adeguatamente individuate, oppure quando il medico sia stato ritenuto in colpa grave da imperizia.
Viceversa, ed è quindi questo il ristretto ambito di applicazione della norma, la causa di non punibilità è applicabile se dalle risultanze probatorie del caso di specie emerge che il medico si fosse trovato in colpa lieve da imperizia nella sola fase attuativa (e non quindi in quella di individuazione) delle linee-guida, che erano state scelte in maniera corretta e adeguata allo specifico caso clinico.


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