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Pensione anticipata, valgono anche i contributi versati in malattia, disoccupazione o infortunio: novità Cassazione

Pensione anticipata, valgono anche i contributi versati in malattia, disoccupazione o infortunio: novità Cassazione
La Cassazione ha ribaltato un suo precedente orientamento in materia di pensione anticipata, disponendo che sono da conteggiare anche i contributi figurativi e non solo quelli effettivi
Con due importanti sentenze, la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di accesso alla pensione anticipata. In particolare, con le sentenze n. 24916/2024 e n. 24952/2024, la Suprema Corte ha ribaltato un suo precedente orientamento (sent. n. 30265/2022) e stabilito che, per usufruire dell'anticipo pensionistico introdotto dalla ministra Fornero, non è più necessario avere 35 anni di contribuzione effettiva, in quanto, nel conteggio, dovranno essere considerati anche i contributi figurativi.
Infatti, secondo la Cassazione, l'interpretazione precedente - che escludeva la contribuzione figurativa dai 35 anni richiesti - risulta ormai superata, poiché conduce a un’applicazione eccessivamente rigida delle norme previdenziali.
La finalità della nuova lettura fornita dagli ermellini è favorire quei lavoratori che, durante la propria carriera, hanno attraversato periodi di malattia, disoccupazione o infortunio, durante i quali i contributi sono stati versati in forma figurativa.

Per comprendere meglio la portata delle due pronunce della Cassazione, è opportuno fare una breve analisi della disciplina in materia di pensione anticipata.
L’accesso anticipato alla pensione è stato introdotto dal D.L. n. 201/2011. In particolare, per accedere a tale beneficio era necessario aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne (fino al 31 dicembre 2026), oltre ai 35 anni di contribuzione effettiva, dal cui computo erano esclusi i periodi di malattia, disoccupazione e infortunio, durante i quali il lavoratore percepiva la contribuzione figurativa.

Ebbene, a seguito delle due nuove sentenze della Suprema Corte, anche questi periodi di contribuzione figurativa concorreranno al raggiungimento del requisito dei 35 anni.
Le due sentenze della Cassazione sono state emesse con riferimento a due casi specifici, oggetto di esame da parte della Sezione Lavoro della Suprema Corte, riguardanti due lavoratrici che hanno richiesto l’accesso alla pensione anticipata. In particolare, le controversie avevano ad oggetto la possibilità di considerare, ai fini del calcolo dei requisiti minimi per il pensionamento anticipato, anche i contributi figurativi.
In entrambi i casi, la Corte di Appello aveva rigettato le richieste, adottando un’interpretazione rigida della normativa e non considerando gli anni di contributi figurativi. Le lavoratrici proponevano quindi ricorso in Cassazione, facendo leva sull’art. 24, comma 10 del D.L. n. 201/2011, il quale prevede testualmente che “l'accesso alla pensione anticipata è consentito se risulta maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne”.

La Cassazione, interpretando la normativa in modo estensivo, ha sostenuto che, se il legislatore avesse voluto specificare la tipologia di contributi necessari al calcolo per l’accesso alla pensione anticipata, lo avrebbe fatto chiaramente, distinguendo tra contributi effettivi e figurativi, come già avviene nel comma 11 dello stesso articolo, ove invece è previsto che, salvo quanto disposto dal sopra citato comma 10, “per i lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996 il diritto alla pensione anticipata, previa risoluzione del rapporto di lavoro, può essere conseguito, altresì, al compimento del requisito anagrafico di sessantatré anni, a condizione che risultino versati e accreditati in favore dell'assicurato almeno venti anni di contribuzione effettiva […]”.
Come si evince quindi dal testo della norma, il legislatore ha specificamente fatto riferimento alla contribuzione effettiva; precisazione che invece non si rinviene all’interno del comma 10 dell’art. 24.
Tuttavia, allo stato attuale, questa nuova interpretazione non ha valenza erga omnes, ma si applica solo nei confronti dei ricorrenti. Per un’estensione generale sarà necessario un intervento del legislatore, o una diversa interpretazione da parte dell'Inps.


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