Il concordato preventivo biennale, destinato a imprese e lavoratori autonomi, è quel nuovo strumento con cui il Legislatore vuole instaurare un rapporto più collaborativo tra fisco e contribuenti.
Questa novità in sostanza permette ai lavoratori con partita Iva di ricevere una proposta di pagamento delle imposte da parte del Fisco.
Tale proposta riguarderà il pagamento delle imposte dovute nell’anno di conclusione dell’accordo e nel successivo (complessivamente 2 anni).
I contribuenti che aderiranno al Concordato avranno accesso al regime premiale ISA e non potranno essere sottoposti agli accertamenti presuntivi.
Gli ISA, meglio specificarlo, sono gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente: più è alto il punteggio, in particolare dall'8 in su, più il titolare di partita Iva potrà avere accesso ad alcuni benefici premiali.
L’obiettivo dichiarato dello strumento del concordato preventivo è quello di andare nella direzione di una maggiore partecipazione del contribuente nel meccanismo di accertamento tributario, con l’obiettivo di individuare l’imposta da versare (anche se non determinata in modo condiviso).
Detto cos’è, e con quali obiettivi nasce il Concordato, vediamo ora che cosa sta accadendo.
Lo scorso 10 aprile si è concluso l’iter di esame dello schema di decreto legislativo in materia di revisione del sistema sanzionatorio tributario, con parere favorevole ma anche con osservazioni critiche e richieste al Governo di fare un passo indietro sull’argomento del concordato e delle “sanzioni” previste per le partite Iva che non lo accettano.
Si profila, infatti, una mano piuttosto dura del Fisco per chi non accoglie la proposta di concordato preventivo biennale. In pratica pare che sia prevista una sorta di punizione, più d'una, per la verità.
Per coloro che “si azzardano” a non accettare il concordato, sono in previsione:
- controlli maggiori;
- disciplina sanzionatoria più severa.
Riguardo a questo secondo punto si dimezzano i limiti per le sanzioni accessorie, che possono portare anche alla chiusura temporanea dell'attività.
Il nuovo decreto, che sta terminando il suo iter parlamentare, prevede infatti che, nel caso in cui venga elevata una sanzione amministrativa per violazioni da riferirsi a periodi di imposta per i quali non si è aderito alla proposta di concordato preventivo biennale, le soglie per applicare la sanzione siano ridotte della metà e la stessa riduzione colpisce anche chi, pur avendo aderito al concordato, è decaduto dall’accordo per non aver osservato le norme che lo disciplinano.
Stando alla formulazione della norma prevista dallo schema di decreto, le sanzioni accessorie potranno essere applicate per un periodo da tre a sei mesi in caso di sanzioni superiori a 25.000 euro, e per una durata fino a 12 mesi in caso di sanzioni superiori a 50.000 euro (100.000 euro per la generalità dei casi).
Perché questa pressione? Probabilmente il Governo ha puntato troppo sulle entrate derivanti dal concordato preventivo, pare che siano proprio queste entrate a finanziare la riforma dell’Irpef del 2025. Che fare dunque se ci sono poche adesioni? Da qui la pressione.
L’eccessiva gravosità delle regole legate al debutto del concordato preventivo biennale non è passata inosservata ed è stata subito rilevata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili nel corso dell’Audizione dello scorso 27 marzo presso le Commissioni congiunte Giustizia e Finanze della Camera.
Vedremo se il Governo ne terrà conto.