L’argomento è questa volta relativo al conto corrente bancario di uno dei due coniugi: in particolare, se il coniuge rifiuta di rendere noto l’ammontare del proprio conto corrente, perde il diritto all’assegno di mantenimento?
Nel caso esaminato, la Corte dava atto come l’ex moglie avesse affermato di aver iniziato una convivenza con un nuovo compagno e, negli ultimi anni, aveva percepito alcuni redditi, anche se piuttosto modesti, derivanti dall’attività di parrucchiera svolta in casa, solo occasionalmente.
Al contrario, secondo la moglie, i redditi dell’ex marito sarebbero rimasti invariati, con la conseguenza che la moglie si era vista negare la modifica delle condizioni di separazione.
Arrivati al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione osserva come i giudici dei precedenti gradi di giudizio non avessero tenuto in debita considerazione “le opposte consistenze patrimoniali (desumibili dagli estratti conto bancari, che sarebbero stati richiesti ad entrambi i coniugi dal primo giudice), se non in modo unilaterale”, valutando solo il conto corrente del marito e non quello della moglie, con la conseguenza che non vi era stata nessuna discussione e nessun esame circa il patrimonio dell’ex moglie, dal momento che se ne ignorava addirittura l’esistenza e la consistenza.
In particolare, secondo la Cassazione, se il giudice ha richiesto a entrambe le parti una determinata produzione documentale (in questo caso, la produzione del conto corrente, da cui si poteva desumere la consistenza del patrimonio di entrambi i coniugi) ed una delle stesse rifiuta di eseguire quanto richiesto, il giudice può decidere di usare i documenti presentati unilateralmente da una sola delle parti ma deve tenere anche in considerazione il comportamento dell’altra parte.
Infatti, la circostanza che uno dei coniugi si sia rifiutato di produrre i documenti che davano la prova della consistenza del proprio patrimonio, può certamente considerarsi un argomento di prova, che può contribuire a formare il convincimento del giudice al momento dell’emanazione della sentenza.
Nel caso di specie, poi, non solo la donna si era rifiutata di fornire la suddetta prova ma aveva anche instaurato una nuova convivenza.
Anche sulla base di quest’ultima considerazione, quindi, la Corte di Cassazione decide di accogliere il ricorso del marito che aveva chiesto la modifica delle condizioni di separazione e la riduzione dell’assegno di mantenimento da corrispondere all’ex moglie.
Nello specifico, secondo la Corte, trova applicazione il principio di diritto secondo cui “l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi esclude ogni residua solidarietà post - matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo dall’obbligo”.
In breve, ciò significa che l’instaurazione di una nuova convivenza stabile e duratura fa venir meno il diritto a percepire l’assegno di mantenimento, con la precisazione che tale diritto viene definitivamente meno, e non può sorgere nuovamente nel caso in cui l’ex coniuge cessi la convivenza, in quanto l’altro coniuge confida necessariamente nella cessazione definitiva di tale obbligo.