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Se il minore si libera dalla cintura di sicurezza e viene sbalzato fuori dall'auto, il conducente risponde di omicidio colposo

Se il minore si libera dalla cintura di sicurezza e viene sbalzato fuori dall'auto, il conducente risponde di omicidio colposo
Poiché il conducente è tenuto a far rispettare le norme stabilite dal Codice della Strada durante tutto il viaggio, questi risponde di omicidio colposo nel caso in cui un bambino muoia sbalzando fuori dall’abitacolo dopo essersi slacciato la cintura di sicurezza.

Può capitare che, durante il viaggio in auto, soprattutto se lungo, figli, moglie, suoceri, nonni, amici siano riluttanti ad allacciare le cinture di sicurezza. Ciò è vero soprattutto per i bambini, ai quali, per la loro vivacità e irrequietezza, risulta difficile stare fermi e composti durante un interminabile viaggio in macchina. Con la sentenza n. 32864/2020 la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla responsabilità del conducente, sottolineando che spetta a quest’ultimo far rispettare le regole fissate dal Codice della strada durante tutto il viaggio e, dunque, non soltanto al momento della partenza.

Nel caso di specie, la Corte territoriale, confermando la sentenza del giudice di prime cure, riteneva il conducente responsabile per il reato di omicidio colposo (art. 589 del c.p.) ai danni di una bambina. Quest’ultima, che si trovava sul sedile posteriore della macchina, era deceduta a causa di gravi lesioni procurate da un violento tamponamento che l’aveva fatta sbalzare fuori dall’abitacolo. L’imputato veniva accusato di violazione dell'art. 172 del Codice della strada per non aver assicurato la minore al sedile posteriore della macchina, che era dotata di tutti gli accessori necessari affinché il passeggero non sbalzasse fuori o battesse contro le parti rigide dell’auto.

La questione approdava in Cassazione, davanti alla quale il ricorrente, contestando la sussistenza del nesso causale fra condotta del conducente ed evento, asseriva che il fatto fosse riconducibile esclusivamente alla condotta della bambina, la quale, assicurata dal conducente al sedile posteriore del veicolo, aveva slacciato le cinture di sicurezza nel corso del trasporto. Poiché impegnato alla guida, il conducente, infatti, non avrebbe potuto verificare che la minore avesse costantemente la cintura allacciata.

I giudici di legittimità respingevano il ricorso, sostenendo che la sentenza non presentasse vizi, dal momento che indicava in maniera chiara i motivi per cui aveva dichiarato la responsabilità penale del conducente. Per gli Ermellini, la Corte d’appello aveva correttamente ribadito che “la prospettazione difensiva, secondo cui la minore si sarebbe slacciata dal sistema di ritenuta in modo tale da non essere percepita dal conducente e dagli altri accompagnatori adulti” fosse priva di “coerenza, legittimità e plausibilità in ragione di una serie di argomentazioni, di ordine storico e logico che la difesa del ricorrente non ha affatto contrastato”. Come giustamente dedotto dalla Corte territoriale, il conducente non aveva rispettato le specifiche norme cautelari fissate all'art. 172 del Codice della strada, poiché "l'obbligo del rispetto dell'adozione delle cautele imposte dalla legge al momento della intrapresa della marcia, permane, in termini di vigilanza, anche nel corso del tragitto.

Dunque, in virtù di detti principi di diritto, per il tribunale Supremo il conducente in questione, per aver cagionato per colpa la morte della minore, non avendola assicurata al sedile posteriore della vettura, risponde del delitto di cui all’art. 589 del c.p.




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