Tale pronuncia ha conseguenze particolarmente gravi, dal momento che impedisce al coniuge cui è stata addebitata la separazione di vedersi riconosciuto il diritto al pagamento di un assegno di mantenimento, indipendentemente da quelle che sono le sue condizioni economiche (quindi anche nel caso in cui non abbia redditi sufficienti per mantenere se stesso).
Ma quali comportamenti possono essere causa di “addebito”?
In particolare, può essere causa di “addebito” della separazione anche il caso in cui il coniuge instauri una relazione con un’altra persona, essendo ormai da tempo interrotti i rapporti intimi con la moglie?
Si tratta, purtroppo, di ipotesi piuttosto frequenti, soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla nascita di un figlio (che spesso genera cambiamenti di equilibrio nella coppia) e sul punto ha avuto modo di pronunciarsi la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2539 del 2014.
Nel caso di specie, i giudici dei primi due gradi di giudizio avevano rigettato la domanda di addebito della separazione a carico del marito, con la conseguenza che la moglie aveva proposto ricorso per Cassazione, il quale, tuttavia, veniva ugualmente rigettato.
In particolare, secondo la Corte d’Appello, l’addebito non poteva essere pronunciato in quanto il marito, pur avendo ammesso di aver intrapreso una relazione extraconiugale con un’altra donna, “aveva chiarito che in realtà il menage familiare si era già dissolto da tempo, dichiarando di essere andato via da casa perché la situazione familiare non era più sopportabile e che dalla nascita del figlio non vi erano più stati rapporti sessuali fra i coniugi”.
Secondo la Corte, quindi, la domanda di addebito non poteva essere accolta in quanto “l’addebito della responsabilità della separazione presuppone non solo la violazione dei doveri coniugali derivanti dal matrimonio ma anche la prova, a carico del coniuge che richiede la pronuncia di addebito, del nesso di causalità tra tale violazione e l’intollerabilità della convivenza”, mentre, nel caso di specie, tale prova non era stata prodotta dalla moglie richiedente.
Ebbene, giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello, confermando, quindi, la sentenza di secondo grado, che aveva rigettato la domanda di addebito della separazione avanzata dalla moglie.
Infatti, anche la Cassazione rileva come la violazione dell’obbligo di fedeltà e l’abbandono della casa familiare possano essere causa di addebito solo ed esclusivamente se gli stessi sono stata la causa determinante della separazione.
Invece, nel caso di specie, la convivenza tra i coniugi era divenuta intollerabile ben prima che il marito trovasse un’altra compagna, dal momento che, dopo la nascita del figlio, era cessato ogni rapporto sessuale con la moglie.
In particolare, secondo la Cassazione, nel caso di specie non si può in alcun modo escludere “la preesistenza di una situazione di esaurimento della comunità morale e affettiva fra i coniugi cui attribuire la intollerabilità della prosecuzione della convivenza”, con conseguente impossibilità di accoglimento della domanda di addebito.
In conclusione, se è vero che l’addebito della separazione consegue alla violazione degli obblighi che derivano dal matrimonio, è necessario, però che tale violazione (proprio tale specifica violazione) sia stata la causa che ha determinato la fine del matrimonio. Se la coppia era in crisi già da prima, non si può fondare la domanda di addebito sul fatto che il coniuge ha violato gli obblighi medesimi.