L'imputato era stato rinviato a giudizio con l'accusa di aver violato l'art. 474 c.p. in combinato disposto con l'art. 648 c.p.
L'art. 474 c.p. punisce la condotta di colui che "introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati".
Può sorgere l'interrogativo se la semplice presenza di tagliandi riproducenti il marchio e di loghi famosi, sia idonea a porre in pericolo la fede pubblica, o se sia invece necessario che la condotta dell'imputato influisca sulla concreta libertà di autodeterminazione dell'acquirente.
Si tratta quindi di stabilire, preliminarmente, quale sia il bene giuridico tutelato dalla norma di cui all'art. 474 c.p.
Giurisprudenza consolidata afferma da tempo che la disposizione in esame non tutela la libertà di determinazione del consumatore nella scelta di acquistare un prodotto originale o meno (così Cassazione n. 11240 del 13 marzo 2008), quanto l'affidamento della collettività nei marchi o nei segni distintivi che individuano i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione.
La vendita di prodotti con marchi contraffatti mina la fiducia riposta dai cittadini nella genuinità dei segni distintivi, ingenerando confusione tra i prodotti dell'una impresa e dell'altra, e fra la qualità dei prodotti contraffatti rispetto a quelli originali.
Trattandosi di un reato di pericolo, per la sua integrazione è necessaria soltanto l'attitudine della falsificazione a ingenerare confusione, con riferimento non solo al momento dell'acquisto, ma anche a quello della successiva utilizzazione.
La sentenza de quo afferma, a tal proposito, che la semplice presenza di tagliandi riproducenti il marchio e la presenza di loghi riferibili alle aziende Dolce e Gabbana e Prada, è del tutto idonea a porre in pericolo la fede pubblica, integrando il reato di cui all'art. 474 c.p.
Non assume alcun rilievo la circostanza che la contraffazione sia "grossolana", ovvero consistente in un'imitazione ostentata e macroscopica, poichè, come detto, a venire in rilievo non è la tutela dell'autodeterminazione dei soggetti all'acquisto, bensì la fede pubblica, intesa come affidamento della collettività sulla genuinità dei segni distintivi.