Come ogni anno, anche il 2024 è stato contrassegnato dal caso delle liste elettorali farlocche composte da militari. Tale prassi, che affligge la politica italiana da ormai molto tempo, consiste nella presentazione, nei Comuni con meno di 1.000 abitanti, di liste elettorali composte quasi esclusivamente da militari o appartenenti alle forze armate, spesso anche estranei rispetto al Comune in cui le liste stesse vengono presentate.
Per comprendere al meglio la problematicità del fenomeno, nonché ipotizzare una soluzione del problema, è opportuno inquadrare brevemente la questione e le cause della stessa.
La nostra Costituzione tutela l’elettorato sia attivo che passivo, ossia, rispettivamente, il diritto di ogni cittadino che gode dei diritti politici di poter esprimere il proprio voto, nonché di candidarsi direttamente nelle varie tornate elettorali.
Al fine quindi di rendere effettivo tale diritto, il legislatore ha cercato di rendere più agevole l’accesso all’elettorato attivo e passivo. A tale scopo, è stata previsto il diritto, per i lavoratori che presentano la propria candidatura alle elezioni, di usufruire di alcuni giorni di congedo.
Lo scopo in particolare è consentire, anche a chi svolga un’attività lavorativa, di prendere parte alla campagna elettorale, evitando quindi che lo svolgimento dell’attività politica possa diventare appannaggio di una cerchia ristretta di cittadini.
A tal fine, all’interno dei contratti collettivi nazionali sono contenute apposite clausole che prevedono la possibilità di usufruire di un periodo di aspettativa nel caso in cui alcuni dipendenti pubblici con contratto a tempo indeterminato si candidino alle elezioni.
Ebbene, tali periodi di aspettativa sono normalmente senza retribuzione per tutti i dipendenti. È prevista però un’importante eccezione per gli appartenenti alle forze di polizia e ai corpi militari.
Infatti, l’art. 81 della l. 121/1981 dispone che “Gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento della accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abito civile”.
Con riferimento invece ai militari, viene in rilievo quanto previsto dall’art. 1484 del Codice dell’Ordinamento Militare, in forza del quale “I militari candidati a elezioni per il Parlamento europeo, a elezioni politiche o amministrative possono svolgere liberamente attività politica e di propaganda al di fuori dell’ambiente militare e in abito civile. Essi sono posti in apposita licenza straordinaria per la durata della campagna elettorale”.
Dalla lettura delle due normative, si evince chiaramente che in entrambi i casi i candidati godono di un periodo di aspettativa totalmente retribuito, per tutta la durata della campagna elettorale (che normalmente ha una durata pari a 30 giorni).
Palese quindi è la differenza di trattamento rispetto ai dipendenti pubblici e privati. Quanto ai primi, infatti, essi godono di un periodo di massimo tre giorni di congedo retribuito e, qualora ne facciano richiesta, di un periodo di aspettativa non retribuito. Quanto invece ai lavoratori privati, gli stessi al più possono chiedere un periodo di aspettativa non retribuita.
Tornando quindi alla questione oggetto del presente articolo, ovvero le liste composte da militari nei Comuni con meno di 1.000 abitanti, per comprendere ulteriormente le ragioni di tale criticità bisogna tenere conto della disciplina prevista in materia di presentazione di liste elettorali.
Infatti, di norma, per presentare una lista elettorale è necessario raccogliere un certo numero di firme, che devono essere autenticate e consegnate all'ufficio elettorale del comune. La ratio di tale procedura è impedire il verificarsi di manipolazioni della tornata elettorale.
Tuttavia, il suddetto procedimento non opera nei riguardi dei Comuni con una popolazione inferiore ai 1.000 abitanti. In questi casi, infatti, per presentare una lista elettorale non è richiesta alcuna raccolta di firme.
Ne deriva che qualsiasi soggetto che appartenga ad un corpo militare o di polizia potrebbe accordarsi con alcuni colleghi (magari tutti non residenti nel Comune dove si svolge la tornata elettorale), al fine di presentare una lista elettorale “farlocca”, beneficiando così dei periodi di congedo retribuiti poc’anzi menzionati.
Per risolvere il problema, nella legislatura precedente il senatore della Lega Luigi Augussori aveva avanzato una proposta di legge il cui testo tuttavia, nonostante l’approvazione del Senato, non è stato poi approvato dalla Camera dei deputati.
La proposta di legge prevedeva l’estensione dell’obbligo di firma delle liste elettorali anche ai Comuni con meno di 1.000 abitanti. Più nel dettaglio:
Per comprendere al meglio la problematicità del fenomeno, nonché ipotizzare una soluzione del problema, è opportuno inquadrare brevemente la questione e le cause della stessa.
La nostra Costituzione tutela l’elettorato sia attivo che passivo, ossia, rispettivamente, il diritto di ogni cittadino che gode dei diritti politici di poter esprimere il proprio voto, nonché di candidarsi direttamente nelle varie tornate elettorali.
Al fine quindi di rendere effettivo tale diritto, il legislatore ha cercato di rendere più agevole l’accesso all’elettorato attivo e passivo. A tale scopo, è stata previsto il diritto, per i lavoratori che presentano la propria candidatura alle elezioni, di usufruire di alcuni giorni di congedo.
Lo scopo in particolare è consentire, anche a chi svolga un’attività lavorativa, di prendere parte alla campagna elettorale, evitando quindi che lo svolgimento dell’attività politica possa diventare appannaggio di una cerchia ristretta di cittadini.
A tal fine, all’interno dei contratti collettivi nazionali sono contenute apposite clausole che prevedono la possibilità di usufruire di un periodo di aspettativa nel caso in cui alcuni dipendenti pubblici con contratto a tempo indeterminato si candidino alle elezioni.
Ebbene, tali periodi di aspettativa sono normalmente senza retribuzione per tutti i dipendenti. È prevista però un’importante eccezione per gli appartenenti alle forze di polizia e ai corpi militari.
Infatti, l’art. 81 della l. 121/1981 dispone che “Gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento della accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abito civile”.
Con riferimento invece ai militari, viene in rilievo quanto previsto dall’art. 1484 del Codice dell’Ordinamento Militare, in forza del quale “I militari candidati a elezioni per il Parlamento europeo, a elezioni politiche o amministrative possono svolgere liberamente attività politica e di propaganda al di fuori dell’ambiente militare e in abito civile. Essi sono posti in apposita licenza straordinaria per la durata della campagna elettorale”.
Dalla lettura delle due normative, si evince chiaramente che in entrambi i casi i candidati godono di un periodo di aspettativa totalmente retribuito, per tutta la durata della campagna elettorale (che normalmente ha una durata pari a 30 giorni).
Palese quindi è la differenza di trattamento rispetto ai dipendenti pubblici e privati. Quanto ai primi, infatti, essi godono di un periodo di massimo tre giorni di congedo retribuito e, qualora ne facciano richiesta, di un periodo di aspettativa non retribuito. Quanto invece ai lavoratori privati, gli stessi al più possono chiedere un periodo di aspettativa non retribuita.
Tornando quindi alla questione oggetto del presente articolo, ovvero le liste composte da militari nei Comuni con meno di 1.000 abitanti, per comprendere ulteriormente le ragioni di tale criticità bisogna tenere conto della disciplina prevista in materia di presentazione di liste elettorali.
Infatti, di norma, per presentare una lista elettorale è necessario raccogliere un certo numero di firme, che devono essere autenticate e consegnate all'ufficio elettorale del comune. La ratio di tale procedura è impedire il verificarsi di manipolazioni della tornata elettorale.
Tuttavia, il suddetto procedimento non opera nei riguardi dei Comuni con una popolazione inferiore ai 1.000 abitanti. In questi casi, infatti, per presentare una lista elettorale non è richiesta alcuna raccolta di firme.
Ne deriva che qualsiasi soggetto che appartenga ad un corpo militare o di polizia potrebbe accordarsi con alcuni colleghi (magari tutti non residenti nel Comune dove si svolge la tornata elettorale), al fine di presentare una lista elettorale “farlocca”, beneficiando così dei periodi di congedo retribuiti poc’anzi menzionati.
Per risolvere il problema, nella legislatura precedente il senatore della Lega Luigi Augussori aveva avanzato una proposta di legge il cui testo tuttavia, nonostante l’approvazione del Senato, non è stato poi approvato dalla Camera dei deputati.
La proposta di legge prevedeva l’estensione dell’obbligo di firma delle liste elettorali anche ai Comuni con meno di 1.000 abitanti. Più nel dettaglio:
- Per i Comuni con popolazione compresa tra 751 e 1.000 abitanti, sarebbero state necessarie minimo 15 e non più di 30 firme;
- Per i Comuni con popolazione compresa tra 501 e 750 abitanti sarebbero state necessarie minimo 10 e non più di 20 firme;
- Per i Comuni fino a 500 abitanti sarebbero state sufficienti non meno di 5 e non più di 10 firme.
Tale proposta è stata nuovamente avanzata nell’attuale legislatura dalla senatrice leghista Daisy Pirovano. Il testo, dopo l’approvazione del Senato, deve essere sottoposto al vaglio della Camera. Tuttavia, per l’entrata in vigore della proposta di legge, bisognerà necessariamente aspettare il termine delle elezioni amministrative dell’8 e 9 giugno.
Proprio con riferimento a tale tornata elettorale, una delle Regioni maggiormente interessate dal fenomeno è la Campania. Nella provincia di Caserta, infatti, sono state registrate ben 25 liste (per la maggioranza composte da militari) in soli sei Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti. A seguire le province di Avellino, Benevento e Salerno, nelle quali è stato presentato un totale di 10 liste elettorali.
Particolarmente deciso è stato l’intervento di Marco Bussone, presidente dell’Unione nazionale comunità ed enti montani (c.d. Uncem), il quale ha richiesto un maggior interesse da parte dell’esecutivo sulla tematica. A suo avviso, infatti, la presentazione di queste liste “farlocche” va non solo a detrimento degli interessi dei vari candidati alle tornate elettorali, ma anche delle popolazioni dei Comuni interessati dal fenomeno.
Diversa invece è la questione relativa ai lavoratori che debbano svolgere attività specifiche nei collegi elettorali. Questi ultimi, infatti, avranno diritto ad assentarsi dal lavoro per l’intero periodo della durata delle operazioni di voto e di spoglio. Tali giorni di assenza dal lavoro sono considerati a tutti gli effetti giorni di attività lavorativa, per cui il lavoratore percepirà la retribuzione contrattualmente prevista, comprensiva di tutti gli ulteriori trattamenti.
È prevista altresì la possibilità, per i lavoratori pubblici, di percepire il trattamento di missione quando gli stessi debbano allontanarsi dalla sede di servizio al fine di esercitare il diritto di voto che, ai sensi dell’art. 48 della Costituzione, costituisce un dovere civico di ogni cittadino.
Proprio con riferimento a tale tornata elettorale, una delle Regioni maggiormente interessate dal fenomeno è la Campania. Nella provincia di Caserta, infatti, sono state registrate ben 25 liste (per la maggioranza composte da militari) in soli sei Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti. A seguire le province di Avellino, Benevento e Salerno, nelle quali è stato presentato un totale di 10 liste elettorali.
Particolarmente deciso è stato l’intervento di Marco Bussone, presidente dell’Unione nazionale comunità ed enti montani (c.d. Uncem), il quale ha richiesto un maggior interesse da parte dell’esecutivo sulla tematica. A suo avviso, infatti, la presentazione di queste liste “farlocche” va non solo a detrimento degli interessi dei vari candidati alle tornate elettorali, ma anche delle popolazioni dei Comuni interessati dal fenomeno.
Diversa invece è la questione relativa ai lavoratori che debbano svolgere attività specifiche nei collegi elettorali. Questi ultimi, infatti, avranno diritto ad assentarsi dal lavoro per l’intero periodo della durata delle operazioni di voto e di spoglio. Tali giorni di assenza dal lavoro sono considerati a tutti gli effetti giorni di attività lavorativa, per cui il lavoratore percepirà la retribuzione contrattualmente prevista, comprensiva di tutti gli ulteriori trattamenti.
È prevista altresì la possibilità, per i lavoratori pubblici, di percepire il trattamento di missione quando gli stessi debbano allontanarsi dalla sede di servizio al fine di esercitare il diritto di voto che, ai sensi dell’art. 48 della Costituzione, costituisce un dovere civico di ogni cittadino.