Nell’estate del 2013, Guerra era scappato da Imola, dove risiedeva, scomparendo nel nulla e lasciando delle lettere indirizzate all’ex moglie, Raffaella Borghi, e ai suoi genitori. Nelle lettere, l’uomo comunicava la propria volontà di suicidarsi per proteggere i propri cari da un debito che aveva contratto.
Gli inquirenti avevano ritrovato l’auto di Adamo ad Ancona ed avevano anche scoperto che l’uomo si era imbarcato da quella città per raggiungere la Grecia. Da quel momento, del Guerra si sono perse le tracce e nel 2015 la Procura aveva archiviato il caso come un suicidio.
Poi, stando al racconto della moglie, dopo aver iniziato le pratiche per il divorzio, casualmente, tramite il proprio avvocato, Raffaella Borghi ha scoperto che Adamo Guerra è vivo e, nel febbraio 2022, ha fatto richiesta di iscrizione all’Aire.
La donna si è così rivolta al programma televisivo “Chi l’ha visto?” per avere la certezza della sua esistenza. Conferma poi arrivata.
Si tratta di una vicenda molto curiosa, ma cerchiamo di capire se inscenare la propria morte per dieci anni configuri o meno un reato.
In astratto, come precisato dalla Cassazione (sent. n. 26897 del 2018), il soggetto, che finge il proprio suicidio, commette il reato di procurato allarme all’autorità di cui all’art. 658 c.p.: la norma punisce chi, annunciando disastri o infortuni o pericoli inesistenti, provoca allarme presso l’Autorità o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio. È un reato punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da 10 a 516 euro.
Certo, si potrebbe dire che, nel caso raccontato, Adamo Guerra non ha allertato le autorità, ma ha lasciato delle lettere ai propri parenti. Tuttavia, sempre la Suprema Corte, ha precisato che il reato previsto dall’art. 658 c.p. ricorre anche quando l’annuncio di un disastro, di un infortunio o di un pericolo inesistente non sia effettuato direttamente alle autorità, ma a un privato e, per l’apparente serietà del suo contenuto, risulti idoneo a suscitare allarme nelle autorità e a determinare il loro intervento.
Tuttavia, visto che il Guerra è riuscito a sparire per dieci anni, c’è da fare i conti anche con l’eventuale intervenuta prescrizione del reato ai sensi degli artt. 157 e ss. c.p.. Infatti, il reato si estingue per prescrizione se, dal giorno della sua consumazione, è trascorso un tempo corrispondente al massimo della pena prevista dalla legge e, comunque, un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di un delitto o quattro anni se si tratta di una contravvenzione (anche se puniti solo con pena pecuniaria).
Però c’è da fare un’altra considerazione. L’uomo, fuggendo in Grecia, lasciava moglie e figlie e non ha minimamente provveduto al loro mantenimento nel corso di questi ultimi dieci anni. Quindi, si può anche ipotizzare un altro reato commesso dal Guerra: quello di violazione degli obblighi di assistenza familiare ai sensi degli artt. 570 e 570 bis c.p..
Come ha precisato la giurisprudenza della Cassazione, la violazione degli obblighi di assistenza familiare è un reato permanente. Ciò significa che la commissione del reato e i suoi effetti durano per tutto il tempo in cui si manifesta il comportamento omissivo. Quindi, la condotta del “redivivo” Adamo deve ritenersi ancora in essere.
Se la fuga è andata male, per Adamo ora non resta che pagare per le sue scelte.