La Corte di Cassazione ha confermato la validità di una fideiussione omnibus prestata a garanzia di un mutuo chirografario, escludendo la liberazione del fideiussore e la nullità della garanzia per presunta violazione della normativa antitrust o per clausole asseritamente vessatorie.
La pronuncia ribadisce alcuni principi consolidati in materia di garanzie fideiussorie, e precisamente:
1. art. 1956 del c.c. – Liberazione del fideiussore
Il creditore che conceda nuovo credito al debitore, pur conoscendo il peggioramento delle sue condizioni patrimoniali e senza il consenso del fideiussore, libera quest’ultimo dalla garanzia prestata.
Tuttavia, la Corte precisa che la violazione della norma non sussiste quando la conoscenza delle condizioni economiche del debitore sia comune o, comunque, presumibile in capo al fideiussore, come accade nel caso in cui questi rivesta la carica di amministratore o abbia ruoli gestionali nella società garantita (Cass. n. 20713/2023; Cass. n. 3761/2006).
2. art. 1957 del c.c. – Derogabilità e natura non vessatoria
La norma che prevede la decadenza del creditore che non agisca tempestivamente contro il debitore è di natura dispositiva.
Pertanto, la deroga convenzionale all’art. 1957 c.c. è pienamente valida e non integra una clausola vessatoria ai sensi dell’art. 1341 del c.c. (Cass. n. 2034/1974; Cass. n. 9245/2007).
3. Clausole ABI e nullità per intesa restrittiva della concorrenza
Il provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005, che ha accertato l’intesa anticoncorrenziale tra istituti di credito in relazione ad alcuni modelli di fideiussione ABI, ha natura amministrativa e accertativa, non normativa.
Esso rappresenta una prova qualificata, ma non vincolante, della condotta anticoncorrenziale, che deve comunque essere dimostrata in giudizio attraverso specifici elementi di fatto (Cass. n. 13846/2019; Cass. n. 23655/2021).
Ne consegue che la nullità della fideiussione non può essere dichiarata in assenza della prova che le clausole contestate coincidano con quelle censurate dall’Autorità.
Il caso
Nel caso di specie, il fideiussore aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo con cui gli era stato intimato il pagamento quale garante della società debitrice “Alfa S.p.A.”.
Tra le eccezioni sollevate figuravano:
La pronuncia ribadisce alcuni principi consolidati in materia di garanzie fideiussorie, e precisamente:
1. art. 1956 del c.c. – Liberazione del fideiussore
Il creditore che conceda nuovo credito al debitore, pur conoscendo il peggioramento delle sue condizioni patrimoniali e senza il consenso del fideiussore, libera quest’ultimo dalla garanzia prestata.
Tuttavia, la Corte precisa che la violazione della norma non sussiste quando la conoscenza delle condizioni economiche del debitore sia comune o, comunque, presumibile in capo al fideiussore, come accade nel caso in cui questi rivesta la carica di amministratore o abbia ruoli gestionali nella società garantita (Cass. n. 20713/2023; Cass. n. 3761/2006).
2. art. 1957 del c.c. – Derogabilità e natura non vessatoria
La norma che prevede la decadenza del creditore che non agisca tempestivamente contro il debitore è di natura dispositiva.
Pertanto, la deroga convenzionale all’art. 1957 c.c. è pienamente valida e non integra una clausola vessatoria ai sensi dell’art. 1341 del c.c. (Cass. n. 2034/1974; Cass. n. 9245/2007).
3. Clausole ABI e nullità per intesa restrittiva della concorrenza
Il provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005, che ha accertato l’intesa anticoncorrenziale tra istituti di credito in relazione ad alcuni modelli di fideiussione ABI, ha natura amministrativa e accertativa, non normativa.
Esso rappresenta una prova qualificata, ma non vincolante, della condotta anticoncorrenziale, che deve comunque essere dimostrata in giudizio attraverso specifici elementi di fatto (Cass. n. 13846/2019; Cass. n. 23655/2021).
Ne consegue che la nullità della fideiussione non può essere dichiarata in assenza della prova che le clausole contestate coincidano con quelle censurate dall’Autorità.
Il caso
Nel caso di specie, il fideiussore aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo con cui gli era stato intimato il pagamento quale garante della società debitrice “Alfa S.p.A.”.
Tra le eccezioni sollevate figuravano:
- la nullità della fideiussione per sproporzione ex art. 1938 del c.c.;
- la violazione dell’art. 1956 c.c., poiché la banca – socia della debitrice – era a conoscenza delle sue difficoltà economiche;
- la nullità di alcune clausole ritenute vessatorie e riproduttive del modello ABI.
Il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo, condannando comunque l’opponente a versare una somma inferiore; la Corte d’Appello rigettava l’impugnazione del garante.
La Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo:
La Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo:
- inammissibile la censura ex art. 1956 c.c., poiché il fideiussore, in qualità di amministratore della società debitrice, non poteva ignorarne le condizioni economiche;
- infondata la censura relativa all’art. 1957 c.c., essendo la clausola derogatoria non vessatoria;
- non provata la nullità derivante dalle clausole ABI, mancando sia la produzione del provvedimento della Banca d’Italia sia la dimostrazione della corrispondenza delle clausole contrattuali con quelle dichiarate anticoncorrenziali.
Considerazioni conclusive
La pronuncia si inserisce nel solco di un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, che interpreta in senso restrittivo l’ambito applicativo dell’art. 1956 c.c., subordinando la liberazione del fideiussore alla sua effettiva ignoranza – incolpevole – delle difficoltà del debitore principale.
Al contempo, la Corte riafferma che la nullità delle fideiussioni conformi al modello ABI non è automatica, ma richiede una puntuale allegazione e prova della concreta adozione delle clausole oggetto dell’intesa anticoncorrenziale.
Si conferma così un approccio improntato al rigore probatorio e alla certezza dei rapporti bancari, che evita automatismi invalidanti fondati su mere affermazioni di principio.