Per l’effetto, consegue che la colpevolezza così come normativamente intesa di una persona in stato di ubriachezza deve essere valutata secondo i normali crismi d'individuazione dell'elemento psicologico del reato. Infatti, secondo la disciplina contenuta ex art. 91 del c.p. e ss, non vi è alcuna deroga rispetto alla regola generale di cui all'art. 42 c.p., che esige l'esistenza del dolo o della colpa al momento della commissione del fatto e non in un lasso temporale anteriore. Come sottolinea oculata dottrina, che spesso non ha mancato di tacciare la disciplina dell’ubriachezza abituale di incostituzionalità per violazione del principio di personalità della responsabilità penale, la disciplina dell’ubriachezza abituale appare codicisticamente meritevole ex lege di un aggravio sanzionatorio proprio perché rende più gravi e devastanti gli effetti delle condotte dell'autore sia con riguardo alla persona offesa, che teme l'imprevedibilità e lo sviluppo dei comportamenti delittuosi; sia con riferimento alla loro intensificazione e incombenza.
Ciò posto, la pronuncia in commento si caratterizza per la semplice operazione ermeneutica applicativa delle coordinate generali summenzionate al reato ex art. 572 del c.p.. Nel caso di specie, infatti, l’imputato si rendeva protagonista di una serie di violenze nei confronti dei familiari conviventi violenza. Tali condotte avevano assunto i connotati dell'abitualità ma non solo per l’abuso di sostanze alcoliche quanto perché costituivano frutto di una ordinaria e deliberata volontà sopraffattrice dell'uomo nei confronti delle sole donne della famiglia. A causa del perdurante stato di ubriachezza, tuttavia, gli esiti delle violenze slatentizzavano l'aggressività rendendola ingestibile ed imprevedibile e ciò giustifica pertanto un aggravamento del trattamento sanzionatorio frutto di una misura di sicurezza oltre alla pena prescritta per il reato ex 572 c.p.