La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5622 del 22 marzo 2016, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti del Comune, chiedendo la condanna del medesimo al risarcimento del danno subito a seguito della caduta avvenuta “a causa di una lastra di ghiaccio presente sul manto stradale”,
La domanda veniva rigettata in primo grado, con sentenza che veniva confermata anche dalla Corte d’appello.
Il danneggiato, dunque, proponeva ricorso per Cassazione, deducendo l’erronea applicazione dell’art. 2051 codice civile (responsabilità da cosa in custodia).
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal danneggiato, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Secondo la Cassazione, infatti, la Corte d’appello aveva dato corretta applicazione al principio in base al quale “la presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c. non si applica, per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, le volte in cui non sia possibile esercitare sul bene stesso la custodia intesa quale potere di fatto sulla cosa”.
La Corte d’appello, inoltre, aveva correttamente applicato anche il principio per cui “la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all'ad. 2051 c.c., opera anche per la Pubblica Amministrazione in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l'amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l'evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d'olio, presente sulla pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta di un motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo”
Il giudice di secondo grado, infatti, aveva del tutto adeguatamente ritenuto che “non era possibile per il Comune porre in essere un'attività così imponente come quella che sarebbe stata necessaria per liberare da neve e ghiaccio l'intero territorio comunale, in considerazione dell'eccezionalità degli eventi atmosferici che si erano determinati” e che “l'incidente si è verificato perché la ricorrente non aveva osservato la necessaria prudenza richiesta dalla situazione climatica eccezionale (ampiamente nota e riconoscibile), che avrebbe imposto la massima attenzione per evitare di transitare sulle lastre di ghiaccio che si erano formate sul manto stradale, peraltro di non difficile individuazione”.
Pertanto, “la mancata osservanza da parte della danneggiata anche del minimale precetto di diligenza consistente nel guardare per terra onde evitare di calpestare visibili lastre di ghiaccio nell'impegnare l'attraversamento pedonale, unitamente alle particolari circostanze atmosferiche che avevano reso impossibile la completa liberazione dell'intero territorio comunale da neve e ghiaccio, sono state ritenute circostanze idonee ad integrare la prova liberatoria del caso fortuito”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso, confermando la sentenza resa nel precedente grado di giudizio.