Ebbene, attenzione a tenere questo comportamento, perché potremmo trovarci condannati anche del reato di “sequestro di persona”, di cui all’art. 605 codice penale (in base al quale, è colpevole di tale reato chi “priva taluno della libertà personale”).
Questo, infatti, è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza n. 50133 del 2015, si è trovata ad esaminare proprio un caso di questo tipo, fornendo alcune interessanti precisazioni in proposito.
Nel caso affrontato dalla Corte, il Tribunale aveva assolto un soggetto in ordine all’imputazione del reato di “sequestro di persona”, di cui all’art. 605 c.p.
L’imputato aveva posto “un muletto e due macchine aratrici sul vialetto di accesso all’abitazione”, dove si trovavano due minorenni che risiedevano nell’abitazione stessa, i quali, secondo l’accusa, sarebbero stati privati della loro libertà personale.
Dalle indagini effettuate, inoltre, risultava come “il giorno dei fatti l’imputato collocava i macchinari sul vialetto dell’abitazione, affermando che li avrebbe rimossi solo ove fosse stato pagato”.
Secondo il giudice di primo grado “la condotta dell’imputato non avrebbe privato i querelanti della libertà personale, impedendo unicamente agli stessi di utilizzare l’accesso principale dell’abitazione e costringendoli ad utilizzarne uno secondario”.
Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione ritiene di dover accogliere le argomentazioni svolte dalle persone offese, dal momento che il reato di “sequestro di persona” non richiede “l’assoluta costrizione della vittima, essendo sufficiente che alla stessa sia lasciata un’opportunità di fuga percorribile solo in modi che possano essere scoraggiati dal timore di danni o pericoli per la persona”.
Secondo la Corte di Cassazione, invece, il giudice non avrebbe assolutamente tenuto in considerazione questo aspetto e non avrebbe nemmeno tenuto in adeguata considerazione che le persone offese erano minorenni.
Di conseguenza, la Cassazione non ritiene di dover accogliere le argomentazioni svolte dalla difesa dell’imputato, la quale aveva osservato come i minori in questione avessero avuto, comunque, la possibilità di uscire dall’abitazione, sebbene attraverso una via secondaria, in quanto il reato di “sequestro di persona” non richiede una privazione “assoluta” della libertà personale, essendo sufficiente che l’unica “possibilità di fuga” consista nel percorrere una via che possa arrecare pregiudizio o pericolo di pregiudizio per la persona offesa.
Attenzione quindi a bloccare i cancelli altrui, perché tale condotta può essere in qualche modo assimilata a quella di un vero e proprio “rapitore”!