Nel caso esaminato dalla Cassazione, una società immobiliare aveva proposto opposizione avverso cinque verbali di contestazione che erano stati elevati nei suoi confronti dalla Polizia Municipale di Ancona, chiedendone l’annullamento.
Nello specifico, i verbali in questione riguardavano delle locandine pubblicitarie che, secondo il Comune di Ancona, erano idonee a distrarre i guidatori e, pertanto, per l’affissione delle stesse, avrebbe dovuto essere richiesta una specifica autorizzazione.
Il Giudice di Pace di Ancona, pronunciatosi in primo grado, aveva rigettato l’opposizione proposta dalla società e la sentenza era stata confermata anche dal Tribunale, in grado d’appello.
La società, dunque, aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della decisione sfavorevole.
Secondo la ricorrente, in particolare, i giudici dei precedenti gradi di giudizio non avrebbero dato corretta applicazione all’art. 23 Codice della Strada, ritenendo erroneamente che “le locandine pubblicitarie da essa posizionate sui pali della luce di due vie cittadine di pubblico accesso e transito in assenza di autorizzazioni fossero idonee, nonostante le loro ridotte dimensioni, a disturbare l'attenzione dei conducenti, con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione”.
Osservava la ricorrente, in proposito, che per l’affissione delle locandine in questione non sarebbe stata necessaria l’autorizzazione del Comune, dal momento che le locandine avevano caratteristiche tali da non potersi ritenere idonee a distrarre i guidatori.
In particolare, ad avviso di parte ricorrente, non sarebbe stata necessaria, nella specie, alla luce delle caratteristiche delle suddette locandine, alcuna autorizzazione, questa essendo prevista solo per i manifesti idonei a distrarre i guidatori.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione alla società, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Evidenziava la Cassazione, infatti, che l’art. 23 C.d.S. vieta la collocazione sulle strade di “insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda, segni orizzontali reclamistici sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade, che per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità o l'efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l'attenzione, con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione”.
Evidenziava la Cassazione, inoltre, che, ai sensi del comma 4 della suddetta disposizione, l’ente proprietario della strada in questione (in questo caso, il Comune di Ancona), può subordinare ad autorizzazione la collocazione di tali cartelli e insegne.
Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, il Tribunale aveva, del tutto correttamente, ritenuto applicabile la disposizione sopra citata, con la conseguenza che - poiché, nel caso di specie, la necessaria autorizzazione non era stata richiesta - il ricorso proposto dalla società non poteva che essere rigettato.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla società, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando la ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.